PARROCCHIA di FOSSO'

MASSIMO BARBIERO: rassegna stampa

Rassegna stampa di Domenica 23 Maggio 2010

Tre testimoni del “vedere oltre”
(la Difesa del Popolo – pag. 21)

Kenya-Venezuela – Un ricordo di Massimo Barbiero

Ricordiamo insieme a Paolo Tonellotto, responsabile della comunità Papa Giovanni XXIII di Cittadella, il missionario laico Massimo Barbiero, di recente deceduto in Venezuela, paese in cui svolgeva il suo mandato missionario dopo tanti anni trascorsi nella baraccopoli di Soweto in Kenya. «Credo che la vocazione alla missionarietà sia nata in Massimo sin da bambino, legata a un profondo rispetto della natura e del creato, verso i quali si poneva con estrema semplicità. Compiva scelte radicali, che andavano controcorrente, senza mai ostentarle né imporle agli altri. Con grande umiltà le viveva concretamente, dandone testimonianza con la sua persona: esse si ponevano non solo come modalità di vita, ma come modo di essere».
Quanto ha inciso il suo incontro con la comunità Papa Giovanni XXIII?
«Penso che all’interno della sua numerosa famiglia (che vive a Fossò, nda), una famiglia di fede e di profondi valori, Massimo abbia sperimentato la testimonianza di apertura alla vita, da cui poi la sua capacità di relazionarsi con tutti, di stringere amicizie, di accogliere sempre. Qualsiasi povertà incontrata lasciava il segno nella sua vita. Durante gli anni di studio all’università cercava il “suo” posto, frequentando diversi movimenti e istituzioni. Si è infine fermato presso la nostra comunità, riconoscendosi nei valori della relazione profonda con il Signore e della condivisione con gli ultimi. Si è lasciato interrogare dalla povertà e ha chiesto di vivere la condivisione nei luoghi più difficili».
Che ricordo ha lasciato tra la gente di Soweto?
«Tra le sue caratteristiche spiccava l’umiltà, la presenza dell’essere. All’inizio la popolazione si stupiva di questo bianco che non era lì per realizzare progetti, ma per condividere la vita dei poveri nelle baraccopoli. Ha condotto i suoi amici keniani a vedere oltre, all’importanza del camminare insieme. E lo ha fatto nella concretezza dell’andare tra i rifiuti a recuperare la plastica, del vestirsi come loro: non ha mai calzato scarpe, solo sandali creati con i copertoni. Questo aspetto di estrema radicalità era vissuto in profonda umiltà, senza ostentazione: la sua era una scelta di vita, resa forte da una relazione profonda con il Signore. Poi il suo mettersi nella disposizione del servizio ogni giorno, nella sua casa c’era posto per tutti. Il grembiule di cui ci parla don Tonino Bello Massimo lo aveva sempre addosso».
Massimo ha dato chiara testimonianza di vedere oltre.
«Sì, una testimonianza concreta e piena di serenità per quello che viveva. Aveva un profondo senso di vivere l’obbedienza al cammino che il Signore propone, con la convinzione che non si sta costruendo la storia personale ma la storia di Dio. Era in continua ricerca di una conferma: quella che stava davvero camminando dove il Signore voleva per lui. Aveva abbracciato una vita da poveri non per la ricerca della povertà in se stessa, ma per vivere la vita da amministratori di ciò che Dio dona, compiendo il massimo possibile per poi ricordarsi di essere servi inutili».

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Domenica 16 Maggio 2010

Il suo nome resterà vivo
(la Difesa del Popolo – pag. 28)

Una gara di solidarietà tra gli amici di Fossò per continuare l’opera di Massimo Barbiero

I funerali, momento di commozione e d’impegno

FOSSO’ “Asante sana”, questa la più grande eredità che Massimo Barbiero ha lasciato alla comunità di Fossò, alla sua famiglia e a tutti coloro che hanno avuto modo di conoscerlo nel corso dei suoi 36 anni di vita. Quelle due parole, che nella lingua swahili significano “Grazie molte”, hanno assunto per tutti un valore profondo e nuovo, perché il missionario di Fossò, che per dieci anni si era impegnato in Kenya nella baraccopoli di Soweto, le aveva sempre sulle labbra, in un costante ringraziamento per tutto ciò che veniva fatto al fine di sostenere i suoi progetti in Africa, ma anche per rendere costantemente grazie a quell’amore divino che lo rendeva desideroso di essere ultimo tra gli ultimi. La scomparsa del giovane missionario, morto più di un mese fa in un incidente della montagna in Venezuela, paese in cui da poco tempo era stato trasferito per prestare servizio in un altro centro della comunità Papa Giovanni XXIII a cui il laico si era unito, ha segnato in maniera indelebile la vita delle molte persone che sono entrate in contatto con Massimo, con la sua realtà e il modo estremo, rivoluzionario e tenace di voler intendere la vita come dono completo agli ultimi del mondo. All’indomani del funerale, reso ancora più doloroso perché, per ritardi e problemi burocratici intervenuti nella procedura di rientro delle ceneri dal Venezuela è stato celebrato a distanza di oltre un mese dalla data della sua morte, il paese rivierasco è ancora frastornato, chiuso in un silenzio che, al di là del lutto cittadino proclamato dal sindaco per quel giorno, è rispetto e sbigottimento insieme. Eppure, proprio la forza del sorriso di Massimo, che domina in una gigantografia apposta sulla facciata della chiesa di San Bartolomeo, ha visto fin da subito i frutti della sua prepotente energia che si sono concretizzati non tanto in segni di ripresa dallo smarrimento dovuto alla sua perdita, ma piuttosto nella volontà di proseguire i disegni e la filosofia di vita del giovane. Così, tutte le offerte che sono state raccolte durante la cerimonia funebre sono state destinate alle missioni in Kenya della comunità che era stata guidata da don Oreste Benzi. E ancora, i compagni delle elementari di Massimo hanno voluto avviare delle adozioni a distanza di bambini, prendendo come riferimento la stessa realtà missionaria. Infine, per ricordare per sempre il nome di Massimo Barbiero legato all’amore per la natura e per i piccoli, l’amministrazione comunale di Fossò ha deciso di dedicargli la nuova area verde attrezzata che sorgerà nel centro del paese. Tante e commosse le testimonianze che si sono succedute nei giorni di attesa dal ritorno dal paese latino-americano, così come durante il funerale, celebrato dal vicario generale mons. Paolo Doni, in occasione del quale la grande chiesa arcipretale non è riuscita a contenere le migliaia di persone intervenute, tanto da rendere indispensabile l’installazione di un maxi schermo per poter assistere alla messa anche dal sagrato. Immediata la comunanza nel ricordo con Ruggero Ruvoletto, il missionario originario di Galta di Vigonovo ucciso nel settembre scorso in Brasile. Figure, quelle del laico e del sacerdote, che hanno confermato le risorse morali e religiose della terra rivierasca, capace di coltivare preziosi esempi di solidarietà e dedizione al prossimo. In maniera diretta e spontanea, poi, tutti hanno sottolineato la semplicità e la carica di Massimo, un ragazzo che ha fatto la scelta di abbracciare Dio in maniera totalizzante così da indicare le beatitudini quali fondamentali criteri di vita che, come ha evidenziato il vicario generale, sono un esempio coraggioso da seguire appieno. Adesso, nel momento della riflessione, la comunità di Fossò, l’associazione Papa Giovanni XXIII, i familiari, gli amici e tutti quelli che sono stati toccati profondamente dall’umiltà e dalla vocazione umanitaria del giovane missionario, sono consapevoli del grande dono che è stato la sua presenza, nella convinzione che la strada giusta da intraprendere si colga nel suo semplice e disarmante messaggio: “Hola a tutti! Que Dios ve bendiga! Lasciamo spazio al Signore. E’ lui la nostra guida. Sta a noi seguirlo o rifiutarlo Lui ci farà capire. Massimo”.
Perla Marafin

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Mercoledì 12 Maggio 2010

Il commosso addio a Massimo Barbiero
(il Gazzettino di Venezia – pag. 21)

FOSSÒ Un’intera comunità ha partecipato ai funerali del missionario morto in Venezuela

La chiesa non è riuscita a contenere la grande folla: allestito un maxischermo sul sagrato

La grande chiesa di San Bartolomeo di Fossò non è riuscita a contenere le centinaia di persone che hanno partecipato ieri (martedì 11) al funerale di Massimo Barbiero, il missionario morto un mese fa in Venezuela. Nel paese è stato proclamato il lutto cittadino e, grazie ad un maxi schermo e degli altoparlanti collocati sul sagrato, è stato possibile assistere in diretta alla funzione celebrata dal vicario generale, Monsignor Paolo Doni, e da una ventina di sacerdoti. Una cerimonia in cui, oltre a numerosi sindaci del paesi della Riviera del Brenta, alle forze dell’ordine e a rappresentanti del mondo del volontariato, erano presenti anche molti giovani e soprattutto bambini, come quei piccoli a cui il missionario per oltre dieci aveva dedicato il suo impegno nelle baraccopoli del Kenya. Tante le testimonianze di amici e membri della comunità «Papa Giovanni XXIII», dove il giovane prestava servizio, dei compagni di classe, nonché quelle toccanti dei fratelli i quali non solo hanno ringraziato tutti coloro che, in vario modo, hanno sostenuto la famiglia nella tragedia, ma hanno anche cercato di trasmettere il messaggio di Massimo: affrontare la vita con il sorriso e comprendere il profondo significato delle cose e delle circostanze quotidiane. Così, le offerte che sono state raccolte durante il rito, sono state destinate alle missioni in Kenya nate da progetti del giovane e inserite nelle attività condotte dalla comunità Papa Giovanni XXIII, una scelta indicata dai familiari per dare proseguo all’impegno di Massimo. Più volte, poi, la comunità di Fossò ha salutato il missionario rivolgendogli una frase emblematica, quell’«asante sana» che in lingua swaiili significa «grazie molte» e che Massimo aveva fatto propria per ringraziare tutte le persone che incontrava nel suo percorso. L’urna contente i resti di Massimo Barbiero si trova ora nel cimitero di Fossò.
Perla Marafin

– – – – –

In 1.500 per l’addio al missionario
(il Mattino di Padova – pag. 32)

Partito da Cittadella, morto in un burrone e ritrovato dopo giorni

CITTADELLA. Un silenzio addolorato e intenso, all’ingresso e nel piazzale della chiesa di S. Bartolomeo a Fossò (Ve), paese d’origine, ha accompagnato ieri pomeriggio l’addio al missionario laico Massimo Barbiero, partito per il Sudamerica a gennaio da Cittadella, base veneta dell’associazione Papa Giovanni XXIII, e morto il 6 aprile precipitando in un crepaccio della cordigliera andina in Venezuela.
Migliaia di amici, fedeli, compagni, conoscenti si sono riuniti un’ora prima della cerimonia, riempiendo la chiesa e il piazzale. L’urna cineraria di Massimo è stata deposta davanti all’altare. Il vicario generale della diocesi di Padova, monsignor Paolo Doni, era visibilmente scosso. «Non conoscevo personalmente Massimo, eppure sento di avere perso un tesoro. Massimo è sempre andato oltre i confini della realtà, in cerca del suo ideale di vita, della sua spiritualità. Cercava fraternità, pace, uguaglianza, povertà, umanità. Poteva essere ricco e si è fatto povero, poteva vivere tranquillo ed è andato a vivere e servire la comunità di Soweto in Kenia». Nei volti degli oltre 1.500 partecipanti alla cerimonia funebre, il dolore.
A dargli voce è stato il sindaco del paese, Luciano Compagno: «Fossò sarà sempre riconoscente a Massimo». Gli applausi finali, partecipati e spontanei, tra le lacrime di commozione della gente dopo le parole, i ricordi e i messaggi di affetto. La benedizione, fuori smetteva di piovere. Papà Sandro, con l’urna contenente le ceneri, mamma Giuseppina sorretta dalla figlia più piccola Luisa, la sorella Alessia in lacrime e i fratelli Ruggero, Diego, Giulio, Claudio si sono avviati verso il cimitero ad accompagnare, per l’ultima volta, il figlio e il fratello Massimo. Sostenuti da un paese intero.

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Domenica 9 Maggio 2010

A casa i resti del missionario morto in Venezuela
(il Gazzettino di Venezia – pag. 21)

L’urna contenenti le ceneri di Massimo Barbiero è arrivata ieri al “Marco Polo”. Martedì i funerali

Finalmente a casa. L’urna contenente le ceneri di Massimo Barbiero è arrivata al Marco Polo alle ore 14.10, trasportata come bagaglio a mano dal fratello Claudio.
Nella cappella dell’aeroporto si è tenuto un breve momento di raccoglimento, durante il quale don Gimo, il parroco di Fossò, ha invitato i pochi presenti a pregare in ricordo di Massimo e Simone, il volontario altoatesino le cui ceneri sono arrivate assieme a quelle del missionario di Fossò.
Una cerimonia privatissima, tenutasi dentro la zona doganale dell’aeroporto, alla quale hanno preso parte i genitori e i sette fratelli di Massimo, assieme agli amici più cari e alla presenza del sindaco di Fossò, Luciano Compagno, e del vicesindaco, Gianni Cassandro.
È così confermato il funerale di martedì pomeriggio nella chiesa di San Bartolomeo. La funzione verrà affidata con ogni probabilità a don Paolo Doni, vicario vescovile della diocesi di Padova, ma l’ufficialità si avrà solo nella giornata di lunedì.
Nel frattempo l’urna con le ceneri di Massimo è stata posta nella cappella della chiesa di San Bartolomeo, così da permettere, a chi lo vorrà, di rendere già omaggio all’amato missionario.
Marco Dori

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Sabato 8 Maggio 2010

Massimo arriva oggi a Tessera
(il Gazzettino di Venezia – pag. 20)

Martedì nella chiesa di San Bartolomeo i funerali del missionario morto in Venezuela

Ad Accogliere le ceneri una cerimonia privata che si terrà nella cappella dell’aeroporto

Arriverà alle 14, 14-30 di oggi all’aeroporto di Tessera l’urna con i resti di Massimo Barbiero, il missionario di Fossò morto in Venezuela un mese fa. Claudio Barbiero, uno dei fratelli del giovane scomparso che si era recato nel paese latino americano per seguire la triste vicenda, è riuscito infatti ad imbarcarsi sul volo per l’Italia dopo aver concluso le complesse procedure burocratiche necessarie per il rimpatrio. Ad accogliere le urne con le ceneri di Massimo e di Simone Montesso, il volontario bolzanino morto anch’egli nell’incidente di montagna, oltre ai parenti ci sarà una piccola delegazione con le autorità e il parroco del paese Rivierasco che prenderanno parte alla breve cerimonia religiosa, organizzata in forma privata all’interno della cappella dell’aeroporto Marco Polo. «A meno che non intervengano disguidi dell’ultimo minuto – spiega il fratello Diego Barbiero – il funerale di Massimo verrà celebrato martedì alle 17, qui nella chiesa di San Bartolomoeo. D’accordo con il parroco abbiamo pensato che, giunta a Fossò, l’urna verrà collocata nella cappella della chiesa per consentire, a chi lo desiderasse, di salutare nostro fratello prima del funerale». L’ultimo saluto a Simone si dovrebbe invece tenere mercoledì. Confermato il lutto cittadino per martedì, con la chiusura anticipata degli uffici, delle scuole e degli esercizi. In previsione della considerevole partecipazione alla cerimonia, con probabili arrivi pure dall’estero, verrà posizionato all’esterno della chiesa un maxi schermo con altoparlanti oltre che la predisposizione del blocco del traffico nella zona del centro e l’individuazione di apposite aree di sosta. Anche le scuole del paese interverranno durante la cerimonia, che probabilmente verrà officiata dal vicario vescovile Don Paolo Doni. Oltre all’affissione di cartelloni colorati in cui sono scritti messaggi per salutare il missionario, gli alunni delle elementari accoglieranno l’arrivo di Massimo Barbiero formando un cordone umano, un gesto semplice per testimoniare l’affetto che univa i bambini al giovane il quale ha dedicato la propria vita a favore dei più poveri.
Perla Marafin

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Venerdì 7 Maggio 2010

Massimo torna domani. L’attesa, forse, è finita
(il Gazzettino di Venezia – pag. 21)

La burocrazia ferma il rientro delle ceneri del missionario

Un’attesa estenuante. Dopo un dolore enorme. Ma ora, salvo contrordini dell’ultimo momento, dovrebbe essere imminente il rientro in Italia delle ceneri di Massimo Barbiero, il missionario di Fossò morto in Venezuela assieme al volontario Simone Montesso a causa di un incidente della montagna.
«Il condizionale è d’obbligo – spiega Diego Barbiero, uno dei fratelli del giovane scomparso – perché da un mese, ossia dalla morte di Massimo, gli eventi cambiano da un momento all’altro posticipando continuamente il rientro. Sappiamo che Claudio (un altro dei fratelli Barbiero che si trova attualmente in Venezuela, ndr.) questa sera (ieri per chi legge) ha appuntamento al consolato di Maracaibo per completare le ultime formalità. Solo allora, e se tutto sarà finalmente definito, potrà poi andare a Caracas e prendere l’aereo.
L’arrivo all’aeroporto Marco Polo di Venezia dovrebbe quindi essere previsto per sabato mattina, «ma di fatto non avremo alcuna notizia ufficiale fino a quando Claudio non ci avviserà che è in aeroporto pronto a lasciare il Venezuela – riprende Diego Barbiero -. Del resto la prenotazione del biglietto è già stata posticipata più volte solo perché all’ultimo minuto è intervenuto qualche ulteriore intoppo burocratico, quindi speriamo che questa sia davvero la fase conclusiva per poter riavere finalmente a casa i nostri fratelli».
Ore di grande incertezza, dunque, non solo per la famiglia del missionario, ma anche per il paese e per la “Comunità Papa Giovanni XXIII”, presso la quale Massimo prestava il suo servizio a favore delle popolazioni povere. Se dovesse essere confermato sabato come giorno di rientro in Italia, è stato già indicato martedì 11 pomeriggio quale data utile per la celebrazione del funerale nella chiesa di San Bartolomeo apostolo a Fossò. Contestualmente alla cerimonia verrà dichiarato il lutto cittadino con la serrata degli esercizi pubblici.
Perla Marafin

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Domenica 25 Aprile 2010

La burocrazia ferma il ritorno di Massimo
(il Gazzettino di Venezia – pag. 29)

Ancora in Venezuela le ceneri del missionario

Sono ancora in Venezuela i resti di Massimo Barbiero, il missionario di Fossò ritrovato morto la scorsa settimana nel Paese sudamericano. Claudio Barbiero, uno dei fratelli che si era recato sul posto quando era scattato l’allarme della scomparsa del missionario e dell’amico Simone Montesso, è ancora oltreoceano per seguire tutte le pratiche burocratiche e rientrare in Italia con l’urna del fratello che è già stato cremato. Un rientro che slitta di giorno in giorno
«Ora abbiamo saputo che dobbiamo attendere la traduzione di tutta documentazione relativa alla morte e alla successiva procedura di cremazione di Massimo – spiega Diego Barbiero, un altro dei fratelli del missionario e assessore comunale -. Seguirà poi la vidimazione del giudice e il passaggio all’ambasciata per le autorizzazioni al rimpatrio. Solo dopo potranno essere apposti i sigilli sull’urna che contiene le ceneri di mio fratello e consentito il rientro in Italia. Si tratta di tempi lunghi con interventi differenti da parte delle autorità di Maracaibo e di Caracas».
I tempi del ritorno si sono fatti così sempre più incerti (e fino a qualche giorno fa sembrava una questione di ore), a maggior ragione la data del funerale che si terrà a distanza di almeno un paio di giorni dalla data dell’arrivo a Fossò. «Possiamo solo ipotizzare che la cerimonia funebre si terrà ormai a maggio, speriamo non oltre la prima settimana, ma non c’è nulla di sicuro poiché tutto dipende dalle eventuali e imprevedibili lungaggini burocratiche oltre che dalla disponibilità immediata di un posto per il volo di ritorno» continua il fratello.
Ulteriori dettagli, poi, si sommano alle testimonianze dei giorni scorsi e confermano l’ipotesi di morte accidentale. I corpi dei due giovani volontari sarebbero stati ritrovati abbondantemente bagnati e con accanto zolle di terreno umido e vegetazione. «Sono particolari che potrebbero ricondurre ad una frana improvvisa del terreno con la conseguente caduta di Massimo e Simone nel burrone – conclude Diego -, ma di certo c’è solo che si è trattato di un incidente». Nel frattempo la comunità prosegue con i quotidiani appuntamenti di preghiera e sta ipotizzando alcune iniziative per portare avanti i progetti umanitari che erano stati avviati da Massimo Barbiero, in particolare a favore dei bambini del Kenya.
Luisa Giantin

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Venerdì 23 Aprile 2010

Massimo e Simone travolti da una frana e precipitati nel vuoto
(il Mattino di Padova – pag. 41)

La polizia sudamericana ha ricostruito l’incidente costato la vita a entrambi

CITTADELLA. E’ stato uno smottamento dovuto alle piogge a causare la morte di Massimo Barbiero, missionario laico dell’associazione Papa Giovanni XXIII partito a gennaio da Cittadella per il Venezuela. Barbiero, 37 anni, originario di Fossò (Ve), è stato travolto dalla frana insieme a Simone Montesso, 23 anni, un volontario di Bolzano. A stabilirlo sono state le autorità venezuelane.
Ricostruendo la tragedia, gli inquirenti hanno rilevato sulle 2 salme, dopo un volo di 35 metri in un burrone della Sierra Nevada de Merida, arbusti, terriccio e pietre provenienti dal punto in cui si è verificata la frana. Come stabilito dall’esame autoptico, effettuato da un’equipe venezuelana prima che i due corpi fossero sottoposti alla cremazione, la caduta ha provocato un trauma toracico al missionario e un trauma cranico al volontario altoatesino, entrambi risultati mortali.
Ancora incerta la data del rientro delle ceneri di Massimo affidate a Claudio, fratello del missionario. La lungaggine dell’iter burocratico venezuelano sta ritardando il rientro in patria di Massimo.
Claudio e il papà di Simone, dopo aver lottato per ottenere il nullaosta per la cremazione, stanno aspettando che il console di Maracaibo provveda a mettere i sigilli sulle urne funerarie. Dopo di che voleranno nuovamente a Caracas per ottenere la traduzione dei certificati di morte e, infine, i passaporti mortuari che consentono il rientro in Italia delle ceneri.
La data dei funerali dovrebbe essere fissata tra due settimane, anche se l’urna funeraria di Massimo dovrebbe giungere all’aeroporto Marco Polo di Venezia verso la fine della prossima settimana. «L’iter burocratico per il rientro è molto lungo – spiega Diego, uno dei fratelli – Finalmente siamo comunque venuti a conoscenza della dinamica dell’incidente che ha causato la morte di nostro fratello. La zona era impervia. Ora comunque l’unica cosa che conta è che torni presto qui da noi».
Davide Massaro

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Mercoledì 21 Aprile 2010

Le ceneri di Massimo Barbiero ancora in Venezuela
(il Gazzettino di Venezia – pag. 21)

I resti del missionario di Fossò trovato morto qualche settimana fa dovrebbero giungere in Italia a giorni

Non ci sono ancora date certe in merito al rientro in patria dei resti di Massimo Barbiero, il missionario originario di Fossò morto qualche settimana fa in Venezuela. Nel paese latino americano è attualmente presente Claudio, uno dei fratelli del missionario che prestava servizio per la comunità Papa Giovanni XXIII. «Si presume che il rientro dal Venezuela di Claudio con l’urna di Massimo non sarà possibile prima della fine di questa settimana – afferma Diego, un altro dei fratelli Barbiero – se non addirittura per l’inizio della prossima. Con molta probabilità giungeranno all’aeroporto di Venezia, dove andremo accoglierli noi famigliari e una delegazione del comune, e dopo qualche giorno verrà celebrato il funerale». Nel frattempo si aggiungono dettagli che confermano l’ipotesi di un incidente di montagna. «Abbiamo ricevuto la visita a casa di Paolo Ramonda, responsabile della comunità Paolo Giovanni XXIII – prosegue Diego Barbiero – il quale ci ha spiegato che il sentiero in montagna che stavano seguendo Massimo e Simone Montesso era tranquillamente percorribile. Molto probabilmente, però, mio fratello e il suo amico si sono allontanati da quel percorso forse per dissetarsi ad una fontanella d’acqua che sorge lì vicino oppure per ammirare il panorama. Potrebbero essere scivolati nel dirupo ed è lì che hanno trovato la morte».
Luisa Giantin

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Sabato 17 Aprile 2010

Lutto cittadino in onore di Massimo Barbiero
(il Gazzettino di Venezia – pag. 20)

Proclamato per il giorno del funerale. Ma ritarda il rimpatrio della salma

FOSSÒ – Fossò dichiara lutto cittadino per il giorno in cui verrà celebrato il funerale del missionario Massimo Barbiero. Parrocchia e Comune stanno predisponendo i dettagli per consentire la partecipazione al rito, con l’installazione di un maxischermo fuori della chiesa, oltre ad un sistema di viabilità alternativa e la serrata degli esercizi pubblici.
Già durante la veglia dell’altra sera la chiesa è stata invasa dai fedeli, così da far ipotizzare un’eccezionale affluenza in occasione del funerale, con arrivi anche dall’estero. Nel frattempo la famiglia Barbiero sta affrontando una vera e propria corsa contro il tempo poiché, all’ultimo minuto, è stata data loro la notizia del posticipo della procedura di cremazione del corpo di Massimo. «La cosa era già stata considerata conclusa – spiega Diego Barbiero, uno dei fratelli del giovane – tanto che Claudio, il nostro fratello che si trova ancora in Venezuela, ci aveva telefonato dicendoci che aveva partecipato ad una breve funzione predisposta pochi minuti prima della cremazione. All’improvviso però hanno comunicato che era intervenuto un intoppo burocratico all’operazione perché mancava un documento del giudice essendo un caso di morte violenta. È un’attesa incomprensibile che sta logorando tutti noi». Se le procedure non saranno concluse in breve, sicuramente si dovrà attendere la prossima settimana. «È grazie al console italiano e ad un prete del posto che siamo riusciti ad ottenere la cremazione – conclude Diego – perché le autorità Venezuelane ci avevano imposto di seppellire lì il corpo. Speriamo davvero sia solo questione di ore».
Perla Marafin

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Venerdì 16 Aprile 2010

Amava il “cuore” del vangelo
(la Difesa del Popolo – pag. 16)

Massimo Barbiero. La tragica scomparsa in Venezuela del giovane missionario laico di Fossò

Tutta la sua vita è stata alla luce di una scelta radicale

È stato con tutta probabilità un tragico incidente durante un’escursione sulle montagne della Cordigliera andina la causa della morte di Massimo Barbiero, 37 anni, di Fossò (provincia di Venezia e diocesi di Padova), il missionario laico di cui era stata denunciata la scomparsa il 6 aprile scorso. Inizialmente si era ipotizzato un rapimento, fenomeno frequente in quella zona al confine con la Colombia. Ma a una settimana dalla scomparsa il corpo senza vita del giovane, che operava a Merida, in Venezuela, in una delle case-famiglia dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini, fondata da don Oreste Benzi, è stato trovato dai soccorritori in fondo a un burrone assieme a quello di Simone Montesso, 23 anni, di Bolzano, un giovane volontario con il quale condivideva l’impegno tra i bambini abbandonati o disabili. Appena appresa la notizia del ritrovamento, l’arcivescovo mons. Antonio Mattiazzo e il centro missionario diocesano (Cmd) hanno espresso, a nome dell’intera diocesi di Padova, «profonda partecipazione al dolore per la loro tragica scomparsa» e hanno manifestato «vicinanza con la preghiera e il ricordo alle famiglie, alle comunità parrocchiali di appartenenza, all’associazione Papa Giovanni XXIII, per cui i due giovani italiani operavano, agli amici e parenti tutti. Di fronte a questi tristi eventi – prosegue il messaggio – rimane forte la speranza che nella luce della Pasqua del Signore risorto anche queste due vite donate siano fecondità per la chiesa e il mondo intero». Giovedì 15, nella chiesa arcipretale di Fossò, dove risiede la famiglia Barbiero, è stata celebrata una veglia di preghiera che ha visto la commossa partecipazione della comunità parrocchiale, dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (zona di Padova), degli amici del Cmd, dei familiari. Laveglia, già messa in calendario quando ancora si sperava per la sorte del giovane missionario, è stata quindi un primo momento di addio, in attesa del rientro della salma (impossibile prevederne i tempi) e del rito funebre. «Massimo Barbiero – dice l’arciprete di Fossò don Girolamo Maino – era molto conosciuto in parrocchia e i giovani ammiravano in lui la scelta di uno stile di vita improntato al dono totale nei confronti di chi vive le povertà più estreme. Era ilsecondo figlio di una famiglia numerosa ed esemplare per qualità umane e testimonianza cristiana». Cugino del giovane di Fossò è don Matteo Fornasiero, anche lui di 37 anni, sacerdote fidei donum attualmente in missione nella diocesi di Duque de Caxias in Brasile. Massimo Barbiero, membro della comunità Giovanni XXIII all’interno della cui vocazione aveva fatto voto di castità, povertà e obbedienza, era in Venezuela da pochi mesi, ma aveva alle spalle dieci anni di lavoro in Kenya, nella baraccopoli di Soweto a Nairobi. «Generosissimo, viveva una sorprendente radicalità evangelica». Così lo ricorda don Valentino Sguotti, direttore del centro missionario diocesano, che ha informato della sua tragica fine tutti i missionari padovani nel mondo, «alla cui grande famiglia Massimo era orgoglioso di appartenere». E Claudia Guglielmi del Cmd, che l’ha incontrato alla festa della missione 2009 quando era ancora in attesa della sua nuova destinazione, aggiunge: «Era una persona di grande semplicità e serenità, la sua radicalità di vita a favore dei poveri aveva dell’incredibile ed era inimitabile, come il suo sorriso e la solarità del suo carattere. A Soweto aveva vissuto in condizioni davvero precarie, condividendo ogni giorno con gli “ultimi” della baraccopoli». Proprio a Soweto l’ha conosciuto “sul campo” don Franco Marin, oggi parroco di Cazzago: «Ho conosciuto lui e i suoi fratelli. Due tratti caratteristici di Massimo erano la mitezza e la bontà. Non c’erano disagi o fatiche o contrarietà che potessero impedirgli di stare sempre accanto ai più poveri». E Paolo Tonellotto di Cittadella, animatore generale del servizio missione della Comunità Papa Giovanni XXIII, così ricorda “l’inizio” della sua vocazione missionaria: «Un giorno (era il ’98 o il ’99) è arrivato in bici daFossò a Cittadella e mi ha detto semplicemente: “Voglio partire per la missione”. Il suo grande cuore l’ha portato a scegliere il modo più radicale di fare, da laico, il missionario. Una vocazione di cui credo di riconoscere le radici: una famiglia, la sua, capace di educare alla profondità della fede».

– – – – –

Cremate le salme per riportare a casa i due missionari
(www.mattinopadova.it)

Ritrovati morti dopo una settimana, il rimpatrio a metà della prossima

CITTADELLA. Massimo Barbiero, il missionario laico dell’associazione Papa Giovanno XXIII di Cittadella sfracellatosi in un burrone sui monti del Venezuela, sarà cremato. E come lui Simone Montesso, il volontario di Bolzano suo compagno di sventura.
E’ la scelta obbligata dei familiari per riportare in Italia i resti dei 2 uomini scomparsi martedì 6 aprile e precipitati in un burrone del Parco nazionale della Sierra Nevada de Merida. A causa dell’avanzata decomposizione, avrebbero dovuto essere sepolti in Venezuela; per il rimpatrio devono essere cremati.
«L’unica via – spiega Ruggero, uno dei fratelli – per riavere Massimo vicino a noi e dargli sepoltura. L’intervento del console italiano non è servito a smuovere le autorità locali». Il rientro in patria del 37enne originario di Fossò (Ve) e del 23 enne altoatesino, avverte però Ruggero, non prima della «metà della settimana prossima». Dopo la cremazione, a 3 ore di macchina da Merida, le urne torneranno nella sede della casa-famiglia della comunità Papa Giovanni XXIII. Claudio, fratello di Massimo, e i genitori di Simone dovranno sbrigare le pratiche per il rimpatrio, che i funzionari venezuelani attendono lunedì.
L’autopsia ha chiarito che sono precipitati per 30 metri sporgendosi per vedere una cascata e sarebbero morti lo stesso giorno della scomparsa: Massimo ha riportato un trauma toracico e Simone un trauma cranico, entrambi fatali.
Don Girolamo Maino, parroco di Fossò, ieri sera alla veglia della Papa Giovanni XXIII per Massimo, ha annunciato che proporrà alla famiglia di proseguirne l’impegno in Venezuela, dove Barbiero operava da gennaio nella struttura diretta da Ines Meggiolaro che ospita bambini orfani, abbandonati e disabili: lui avrebbe voluto costruire una casa capace di ospitarne molti di più per sottrarli alla delinquenza e al traffico di droga», accogliendo «gli emarginati in una città che registra un omicidio al giorno». Se i Barbiero sono d’accordo, il parroco avvierà una raccolta di fondi per realizzare il sogno di Massimo.

– – – – –

Cremato per poter tornare a Fossò
(Il Gazzettino di Venezia – pag. 21)

Il corpo del missionario non avrebbe ottenuto il via libera al rimpatrio dalle autorità venezuelane

È stato sottoposto ieri mattina, dopo una cerimonia funebre, alla procedura di cremazione il corpo di Massimo Barbiero, il missionario trentasettenne di Fossò morto in Venezuela.
«Abbiamo avuto conferma dell’avanzato stato di decomposizione del corpo di mio fratello – spiega Diego Barbiero, assessore comunale – e pertanto è stato necessario procedere alla cremazione poiché, in caso contrario, le autorità Venezuelane, per motivi igienico sanitari, non ci avrebbero permesso il rimpatrio della salma costringendoci così alla sepoltura oltreoceano. Dall’autopsia è stato possibile verificare la presenza di numerosi ematomi, fratture ed escoriazioni, segni che hanno portato a dichiarare che il decesso è intervenuto in conseguenza della caduta nel burrone». Il fratello del missionario racconta che non è stato possibile stabilire il giorno esatto della morte del giovane, proprio perché le abbondanti piogge hanno notevolmente inciso nel deterioramento dei resti, tuttavia trova conferma la testimonianza dell’operaio che avrebbe visto Massimo Barbiero e Simone Montesso, il volontario ventitreenne di Bolzano, martedì scorso alla stazione della teleferica.
Ora sono state avviate le procedure burocratiche per il rientro in patria dei resti, ritorno che si presume debba avvenire al massimo entro i primi giorni della prossima settimana. «Subito dopo verrà celebrato il funerale nella nostra chiesa d’origine, quella di Fossò, con la successiva sepoltura nel cimitero del paese». Il primo cittadino, Luciano Compagno, annuncia che la Giunta comunale renderà gli onori civili al missionario, raggiungendo l’aeroporto in cui arriverà il feretro.
Nel frattempo a Fossò proseguono le manifestazioni di affetto e raccoglimento nei confronti della famiglia Barbiero. La comunità parrocchiale si sta costantemente riunendo in momenti di preghiera collettiva per Massimo, con la quotidiana recita del rosario alle 21 che durerà fino al giorno del funerale. Numerosi, poi, i messaggi di amicizia e solidarietà che giornalmente vengono postati nel sito della parrocchia di San Bartolomeo, testimonianze del profondo affetto che il paese nutre nei confronti del giovane missionario che aveva scelto di vivere a servizio degli ultimi e, in particolare, dei bambini più poveri e in difficoltà.
Perla Marafin

– – – – –

Concerto al Palarcobaleno dedicato a Massimo
(il Gazzettino di Venezia – pag. 21)

FOSSÒ – Il concerto in programma per stasera, alle 20.45 nel Palarcobaleno, sarà dedicato a Massimo Barbiero. L’evento musicale, dal titolo “Bob Dylan’s Peace”, era stato infatti proposto per creare un momento di riflessione e confronto sul tema della pace, ripercorrendo le canzoni più emblematiche di Bob Dylan. Alla luce del tragico evento che ha portato alla perdita del missionario originario del paese, gli organizzatori (“Inedita Comunicazione”, Comitato genitori della scuola Galilei e Comune di Fossò) hanno deciso di ricordare il profilo del giovane e il suo impegno umanitario nel corso di questo appuntamento, che vede come principali spettatori i ragazzi delle scuole. Durante la serata ci sarà l’esibizione di “Brentavecchia Folk Acoustic Blues” e Marco De Nobili, seguirà poi un seminario condotto dal docente Alberto Cagnin. (P.Mar.)

– – – – –

Cremate le salme per riportare a casa i due missionari
(il Mattino di Padova – pag. 36)

Ritrovati morti dopo una settimana, il rimpatrio a metà della prossima

CITTADELLA. Massimo Barbiero, il missionario laico dell’associazione Papa Giovanno XXIII di Cittadella sfracellatosi in un burrone sui monti del Venezuela, sarà cremato. E come lui Simone Montesso, il volontario di Bolzano suo compagno di sventura.
E’ la scelta obbligata dei familiari per riportare in Italia i resti dei 2 uomini scomparsi martedì 6 aprile e precipitati in un burrone del Parco nazionale della Sierra Nevada de Merida. A causa dell’avanzata decomposizione, avrebbero dovuto essere sepolti in Venezuela; per il rimpatrio devono essere cremati. «L’unica via – spiega Ruggero, uno dei fratelli – per riavere Massimo vicino a noi e dargli sepoltura. L’intervento del console italiano non è servito a smuovere le autorità locali». Il rientro in patria del 37enne originario di Fossò (Ve) e del 23 enne altoatesino, avverte però Ruggero, non prima della «metà della settimana prossima». Dopo la cremazione, a 3 ore di macchina da Merida, le urne torneranno nella sede della casa-famiglia della comunità Papa Giovanni XXIII. Claudio, fratello di Massimo, e i genitori di Simone dovranno sbrigare le pratiche per il rimpatrio, che i funzionari venezuelani attendono lunedì. L’autopsia ha chiarito che sono precipitati per 30 metri sporgendosi per vedere una cascata e sarebbero morti lo stesso giorno della scomparsa: Massimo ha riportato un trauma toracico e Simone un trauma cranico, entrambi fatali.
Don Girolamo Maino, parroco di Fossò, ieri sera alla veglia della Papa Giovanni XXIII per Massimo, ha annunciato che proporrà alla famiglia di proseguirne l’impegno in Venezuela, dove Barbiero operava da gennaio nella struttura diretta da Ines Meggiolaro che ospita bambini orfani, abbandonati e disabili: lui avrebbe voluto costruire una casa capace di ospitarne molti di più per sottrarli alla delinquenza e al traffico di droga», accogliendo «gli emarginati in una città che registra un omicidio al giorno». Se i Barbiero sono d’accordo, il parroco avvierà una raccolta di fondi per realizzare il sogno di Massimo.

– – – – –

Massimo è morto cadendo nel burrone
(il Gazzettino di Padova – pag. 10)

Il missionario deceduto in Venezuela è stato cremato

È stato cremato il corpo di Massimo Barbiero, il missionario trentasettenne di Fossò, nel Veneziano, morto in Venezuela. La notizia giunge da uno dei fratelli, Diego Barbiero, assessore comunale, all’indomani dell’autopsia effettuata per verificare le cause del decesso. «Abbiamo avuto conferma dell’avanzato stato di decomposizione del corpo di mio fratello – spiega Diego – e pertanto è stato necessario procedere alla cremazione perchè, in caso contrario, le autorità venezuelane, per motivi igienico sanitari, non ci avrebbero permesso il rimpatrio della salma, costringendoci così alla sepoltura in Venezuela. Di fatto erano stati condotti degli accertamenti trattandosi di morte violenta, ma dall’esame autoptico è stato possibile verificare la presenza di numerosi ematomi, fratture ed escoriazioni, segni che hanno portato a dichiarare che il decesso è intervenuto in conseguenza della caduta nel burrone». Il fratello del missionario evidenzia come non sia stato possibile stabilire il giorno esatto della morte del giovane, proprio perché le avverse condizioni del tempo con le abbondanti piogge hanno notevolmente inciso nel deterioramento dei resti, tuttavia trova conferma la testimonianza dell’operaio che avrebbe visto Massimo Barbiero e Simone Montesso, il volontario ventitreenne di Bolzano, martedì scorso alla stazione della teleferica. Ora quindi sono state avviate le procedure burocratiche per il rientro in patria dei corpi, ritorno che si presume debba avvenire al massimo entro i primi giorni della prossima settimana anche se non si conosce ancora con certezza la data. Nel frattempo rimane in Venezuela Claudio, un altro dei fratelli Barbiero che nei giorni scorsi era giunto nel Paese dell’America Latina assieme ad alcuni amici per seguire personalmente le indagini sulla scomparsa di Massimo. Claudio è stato l’unico familiare che per brevi istanti ha potuto vedere il corpo del missionario, che prestava servizio per la Comunità di Papa Giovanni XXIII, confermando così il riconoscimento che precedentemente era stato fatto solo tramite gli indumenti. «Mio fratello Claudio resterà in Venezuela fino a quando non daranno il nulla osta per il rientro dei resti di Massimo – conclude Diego – e subito dopo l’arrivo in Italia verrà celebrato il funerale nella nostra chiesa d’origine, quella di Fossò, con la successiva sepoltura nel cimitero del paese». Il primo cittadino, Luciano Compagno, ha intanto puntualizzato che l’intera giunta comunale renderà gli onori civili al missionario, raggiungendo l’aeroporto in cui arriverà il feretro non appena saranno resi noti il giorno e la località.
Perla Marafin

– – – – –

Barbiero cremato per il rimpatrio
(il Gazzettino di Venezia – pag. 1)

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Giovedì 15 Aprile 2010

Vite donate per la fecondità del Vangelo
(www.diocesipadova.it/centromissionario)

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perchè chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”

dal vangelo di Giovanni

Carissimi,
con il nostro vescovo, mons. Antonio Mattiazzo, e a nome dell’intera Diocesi di Padova, condividiamo con tutti voi la notizia della morte, di Massimo Barbiero, missionario laico, 36 anni di Fossò, e di Simone Montesso, volontario, 23 anni di Bolzano, avvenuta in Venezuela a seguito di un tragico incidente.
I due giovani appartenevano alla Comunità Papa Giovanni XXIII e si trovavano in questo paese dell’America Latina per svolgere attività di volontariato al servizio dei più poveri.
La nostra famiglia missionaria si stringe con la preghiera attorno alle famiglie di Massimo e Simone così duramente provate.
Un ricordo particolare per gli amici della Comunità Papa Giovanni XXIII e per il cugino di Massimo, don Matteo Fornasiero, che ha ricevuto la notizia in Brasile, dove si trova a svolgere il suo servizio come missionario fidei donum.
In questi momenti di dolore, rimane forte la speranza che nella luce della Pasqua del Signore Risorto anche queste due vite donate siano fecondità per la Chiesa e per il mondo intero.
don Valentino Sguotti
e gli amici del Centro Missionario Diocesano

– – – – –

Fossò, un parco per ricordare Massimo
(www.corrieredelveneto.corriere.it)

L’autopsia conferma la morte causata dalla caduta in montagna. I corpi entro 6 giorni in Italia

FOSSO’ — Un parco in ricordo di Massimo. «Un luogo per ricordare un vero eroe dei nostri tempi, fattosi ultimo tra gli ultimi per aiutare chi è meno fortunato», dice il parroco di Fossò don Girolamo Maino. Ieri la giunta ha deciso di dedicare un parco alla figura del missionario laico scomparso in Venezuela. Massimo Barbiero, 37 anni, assieme al volontario Simone Montesso, 23 anni di Bolzano, è stato trovato morto in un dirupo, precipitato in una gola per venti metri nel cuore delle Ande. Erano volontari alla Casa Hogar Madre de La Temura, struttura di accoglienza per i bambini gestita dall’associazione Papa Giovanni XXIII. Il fratello di Massimo, Claudio Barbiero, era ancora in volo per raggiungere Caracas quando ha saputo che erano stati ritrovati entrambi morti dalle squadre di soccorso. Massimo e Simone, martedì scorso, il giorno della loro scomparsa, erano stati avvistati da un operaio della teleferica che aveva proposto loro di scendere a valle con la cabina. Hanno rifiutato. E la tempesta che ha iniziato a sferzare poco dopo li ha travolti e fatti precipitare.
E’ stata una settimana di pioggia e maltempo, segno dell’inizio dell’inverno, che ha impedito di far levare in volo gli elicotteri. L’autopsia che si è conclusa ieri sui corpi dei due missionari, avrebbe confermato che si è trattato di un incidente di montagna. L’esito ufficiale non è ancora stato comunicato e non arriverà prima della giornata di oggi. «Mio fratello Claudio — spiega Ruggero Barbiero dalla casa di Fossò—non ha ancora potuto vedere il corpo di Massimo. Sono stati riconosciuti lui e Simone, dagli indumenti che indossavano al momento di lasciare la missione per l’escursione. Siamo in contatto con il console italiano in Venezuela che sta provvedendo ad organizzare assieme a Claudio le pratiche del rimpatrio ». I feretri dei due missionari scomparsi sulle Ande dovrebbero arrivare con un volo entro sei giorni in Italia. Questa sera nella parrocchia di Fossò si celebrerà una veglia funebre in loro ricordo. Nel giorno dei funerali il Comune di Fossò abbasserà la bandiera a mezz’asta per il lutto cittadino. Massimo era il fratello dell’attuale assessore al bilancio Diego Barbiero. «Dedicheremo alla memoria di Massimo un parco cittadino nel centro del paese in via 25 Aprile» dice il sindaco Luciano Compagno. Un parco per ricordare le imprese di un veneziano che ha passato dieci anni in Kenia dopo la laurea prima di spostarsi in Venezuela. Per la famiglia «un parco per riflettere sulla vita e ricordare Massimo per sempre».
Martino Galliolo

– – – – –

«Senza Massimo, non rientro»
(il Gazzettino di Venezia – pag. 25)

Il fratello Claudio rimane in Venezuela. Ieri è stata fatta l’autopsia sul corpo del missionario

«Tornerò dal Venezuela con Massimo». Claudio Barbiero non ha dubbi, tornerà con il corpo del fratello missionario laico di Fossò scomparso la settimana scorsa a Merida e ritrovato morto l’altra sera insieme all’altro volontario Simone Montesso. Dopo giorni di preoccupazione per la sorte dei due operatori della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, nella quale si sperava da un lato che i due fossero vivi ma impossibilitati a comunicare con la Casa Famiglia di Merida e dall’altro che fossero stati rapiti, considerata la vicinanza con la Columbia e le incursioni dei narcotrafficanti, la vicenda si è risolta in modo tragico. I due corpi, identificati dagli abiti che indossavano, sono stati trovati in fondo ad un burrone lungo il percorso della teleferica. L’area è stata setacciata dagli uomini della Protezione civile dopo le segnalazioni di un operaio che martedì della scorsa settimana, aveva avvistato i due operatori mentre scendevano a piedi.
Claudio, uno dei fratelli di Massimo, era partito con due amici per Merida proprio per accelerare le ricerche e ha saputo del ritrovamento del corpo del fratello dalla famiglia una volta atterrato all’aeroporto di Caracas. «Claudio ci ha telefonato ieri – spiega Diego un altro fratello di Massimo rimasto a Fossò – mentre stava andando all’ospedale di Merida dove stavano effettuando l’autopsia a Massimo». Non c’è un’inchiesta in corso, ma le autorità venezuelane vogliono accertare l’ora e le cause del decesso di Massimo e Simone. I due infatti si erano allontanati dalla Casa Famiglia per bambini in difficoltà a Merida dove operavano da qualche mese per una passeggiata di un paio d’ore, senza l’attrezzatura necessaria per particolari escursioni. In serata la responsabile della casa famiglia, non vedendoli arrivare e notando come il tempo fosse cambiato con piogge e nebbia insistenti, li aveva cercati al cellulare di Simone, l’unico in loro possesso. Dopo un primo «pronto» la linea si era interrotta forse per mancanza di batteria. Con l’autopsia sarà possibile capire se i due sono morti in seguito alle lesioni riportate dalla caduta nel burrone o se la morte sia sopraggiunta dopo, a causa delle abbondanti piogge e della forte escursione termica. A Medita si arriva di notte anche a meno 10 gradi.
«Claudio ci ha detto chiaramente che vuole tornare solo con Massimo – spiega Diego – ma non sappiamo ancora quando sarà possibile». La famiglia di Massimo, papà Sandro, mamma Giuseppina, e i fratelli Giulio, Diego, Ruggero, Claudio, Diego e le sorelle Alessia e Luisa attende di capire come e quando verrà rimpatriata la salma di Massimo. Nel frattempo attorno alla famiglia si è stretta tutta la comunità di Fossò e non solo, Diego è anche assessore comunale e il padre Sandro, medico dell’Asl 13 è molto conosciuto in Riviera.

– – – – –

Campane a lutto in paese
(il Gazzettino di Venezia – pag. 25)

I giorno del funerale tutto il paese si ferma

FOSSÒ – Campane a lutto per Massimo Barbiero e poi a festa per il suo arrivo in Paradiso. All’indomani della notizia della morte del giovane missionario, la parrocchia di Fossò ha ricordato il tragico evento attraverso il rintocco delle campane. La comunità ha deciso di riunirsi stasera, in una veglia di preghiera che si terrà alle 21 nella chiesa arcipretale di San Bartolomeo, la stessa chiesa in cui verrà dato l’estremo saluto al giovane dopo il rientro della salma dal Venezuela. Il lutto cittadino è stato poi dichiarato anche dall’amministrazione comunale. Il sindaco Luciano Compagno ha infatti predisposto che, nel giorno del funerale, tutti gli esercizi pubblici abbassino le serrande per la durata della funzione. «Abbiamo inoltre deciso di intitolare a Massimo Barbiero la nuova area verde che sorgerà nel centro del paese – afferma il primo cittadino – per mantenere per sempre vivo il ricordo del suo impegno sociale e il suo straordinario amore per la natura e per il prossimo». (P.Mar.)

– – – – –

La sua maestra: «Fin da piccolo soffriva di fronte alle ingiustizie»

(il Gazzettino di Venezia – pag. 25)

FOSSÒ – L’amore per la natura, per gli animali e per il prossimo ha contraddistinto da sempre la vita di Massimo Barbiero, tanto che è vivo il ricordo di Maria Teresa Brusegan, una delle insegnanti che ha educato il missionario quando frequentava le elementari del paese. «Lo penso sempre come un bambino con un’intelligenza vivace e pratica – spiega l’insegnante – che desiderava sempre essere utile ai suoi compagni e collaborare con tutta la classe. Era incredibile come soffrisse di fronte alle ingiustizie quotidiane e ai piccoli e grandi problemi dei suoi amici. Amante del calcio, tifoso del Milan, si impegnava in questo sport, eppure quando durante le partite vedeva che alcuni suoi compagni non erano molto bravi con il pallone, lui si avvicinava a loro e con un sorriso irresistibile gli sussurrava piano di prepararsi perché lui con la prima occasione utile avrebbe trasmesso loro la palla per fargli fare goal». I gesti di profonda umanità non erano una scelta voluta da ostentare, ma un reale modo di essere poiché era proprio il suo «non apparire» che faceva effetto perchè carico di significato e valori. «Forse il suo destino in Africa era segnato fin da bimbo – conclude Brusegan – ricordo infatti che Massimo amava tanto disegnare, soprattutto animali della savana». Un sogno che poi il giovane concretizzò durante i suoi anni di missione in Kenya.
Perla Marafin

– – – – –

«Tornerò a casa con Massimo»
(il Gazzettino di Padova – pag. 5)

Il fratello del missionario morto in Venezuela a Merida con la polizia locale. Ieri effettuata l’autopsia

«Tornerò dal Venezuela con Massimo». Claudio Barbiero non ha dubbi, tornerà con il corpo del fratello missionario laico di Fossò scomparso la settimana scorsa a Merida, in Venezuela, e ritrovato morto l’altra sera insieme all’altro volontario Simone Montesso. I due corpi, identificati dagli abiti che indossavano, sono stati trovati in fondo ad un burrone lungo il percorso della teleferica. L’area è stata setacciata dagli uomini della Protezione civile dopo le segnalazioni di un operaio che martedì della scorsa settimana, aveva avvistato i due operatori mentre scendevano a piedi. Claudio, uno dei fratelli di Massimo, era partito con due amici per Merida proprio per accelerare le ricerche e ha saputo del ritrovamento del corpo del fratello dalla famiglia una volta atterrato all’aeroporto di Caracas. «Claudio ci ha telefonato ieri – spiega Diego, un altro fratello di Massimo rimasto a Fossò – mentre stava andando all’ospedale di Merida dove stavano effettuando l’autopsia a Massimo». Non c’è un’inchiesta in corso, ma le autorità venezuelane vogliono accertare l’ora e le cause del decesso di Massimo e Simone. I due infatti si erano allontanati dalla Casa Famiglia di Merida dove operavano da qualche mese per una passeggiata di un paio d’ore, senza l’attrezzatura necessaria per particolari escursioni. Con l’autopsia sarà possibile capire se i due sono morti in seguito alle lesioni riportate dalla caduta nel burrone o se la morte sia sopraggiunta dopo, a causa delle abbondanti piogge e della forte escursione termica. A Merida si arriva di notte anche a meno 10 gradi.

– – – – –

Questa sera in preghiera per «Sorriso» Veglia in chiesa della Papa Giovanni XXIII
(il Mattino di Padova – pag. 31)

Gli amici della comunità di Cittadella: «Saremo in tanti, vicini alla sua famiglia»

CITTADELLA. La speranza e la paura hanno lasciato spazio al dolore. Massimo Barbiero, 37enne missionario laico di Fossò dell’associazione Papa Giovanni XXIII, è stato ritrovato morto.
La comunità cittadellese si stringe nel dolore. «Stiamo attendendo qualche parola, le notizie arrivano a frammenti, giorno e notte sono invertiti; l’ultima volta che abbiamo avuto notizie dal Venezuela, si attendeva che i corpi venissero recuperati dal burrone, erano in attesa dell’arrivo del medico legale per l’autopsia». Stasera, a Fossò, dove abitava Massimo, ci sarà un momento di preghiera. «Ci raccoglieremo, a fianco della famiglia; pensavamo ad un momento di meditazione in una piccola chiesa, poi abbiamo optato per la chiesa arcipretale: è una scelta che abbiamo preso alla luce della grande partecipazione, della vicinanza, dei tanti gesti di affetto. Saremo in tanti, stasera, in duomo, alle 21, ci saranno le famiglie di Massimo e Simone, le stringeremo in un grande abbraccio». C’è unità, fraternità. «Un nostro fratello ha sentito i genitori di Massimo, è gente forte, coraggiosa, sicuramente provata dalla tragedia, ma stanno affrontando tutto questo con grande dignità, c’è una grande fede che li sostiene, quella grande fede che apparteneva a Massimo». Per tutti si è spento «sorriso». «Massimo era arrivato qui alcuni anni fa, per avvicinarsi allo stile di vita, ai principi che ispirano la Giovanni XXIII. In comunità tutti lo chiamavamo «sorriso», perché era una persona estremamente sorridente. Ed ora ha lasciato un grande vuoto, noi abbiamo sperato che fosse vivo, speravamo anche in un rapimento, perché allora ci sarebbe stato qualche margine delle trattative, c’era una possibilità di poterlo riabbracciare». Niente da fare. A questo punto, si attende solo che la burocrazia faccia il suo corso. «Ora siamo in attesa di sapere dalle autorità venezuelane quando rientreranno le salme in Italia». Anche il vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, e il Centro missionario diocesano, a nome dell’intera Diocesi di Padova «esprimono profonda partecipazione al dolore per tragica scomparsa di Massimo e Simone e manifestano vicinanza con la preghiera e il ricordo alle famiglia, alle comunità parrocchiali di appartenenza, all’associazione Papa Giovanni XXIII per cui i due giovani italiani operavano, agli amici e parenti tutti. Di fronte a questi tristi eventi – continua la Diocesi di Padova, cui appartiene anche la parrocchia di Fossò, in una nota – rimane forte la speranza che nella luce della Pasqua del Signore Risorto anche queste due vite donate siano fecondità per la Chiesa e per il mondo intero».
Silvia Bergamin

– – – – –

Caduti dopo essersi sporti da un dirupo
(il Mattino di Padova – pag. 31)

Massimo Barbiero e Simone Montesso forse si erano affacciati per guardare una cascata. Ieri eseguita l’autopsia Il giallo del telefonino sparito: «Non è stato trovato tra gli effetti personali»

FOSSO’. Massimo Barbiero, 37 anni, missionario laico di Fossò, e Simone Montesso, 23 anni, volontario di Bolzano, potrebbero essere caduti dopo essersi sporti da un dirupo, forse per vedere una cascata. E’ questa una delle ipotesi prese in considerazioni dalle autorità venezualane dopo il ritrovamento avvenuto martedì dei corpi dei due volontari dell’associazione Papa Giovanni XXIII che da martedì 6 aprile erano scomparsi dalla comunità della città di Merida.
Il ritrovamento. I due corpi sono stati recuperati martedì pomeriggio dalle squadre di ricerca della protezione civile, in un burrone, lungo il percorso della teleferica che porta in alta montagna. I due corpi – secondo le ultime rilevazioni – sono caduti da un’altezza di oltre 30 metri, in un punto però distante dal percorso principale. E’ probabile quindi che i due volontari si siano smarriti, e che si siano sporti troppo da un dirupo, forse anche nel tentativo di vedere una cascata della zona, sulla quale imperversava il maltempo. E’ possibile che uno dei due, cadendo, abbia trascinato nel dirupo anche l’amico, forse nel tentativo di aggrapparsi a lui. Sarà comunque impossibile ricostruire con esattezza la dinamica dell’incidente. Con i corpi, sono stati trovati tutti gli effetti personali dei due, con l’eccezione – secondo quanto appreso dai famigliari di Massimo – del telefonino cellulare di Simone.
Il giallo del cellulare. Un elemento che dà da pensare ai famigliari dei due ragazzi. La responsabile della comunità di Milla a Merida, Ines Meggiolaro, aveva spiegato di aver telefonato a Simone Montesso martedì, a mezzanotte. Dopo un primo contatto – con qualcuno che aveva risposto «pronto» – la telefonata si era interrotta bruscamente. Di questa telefonata sembra non esserci traccia nei tabulati telefonici del numero di Simone. La Meggiolaro ha sbagliato numero? O c’è stato realmente un contatto con il telefonino cellulare di Simone? E’ stato lui a rispondere, o forse qualcun’altro che si era impossessato del telefono? Sono queste le domande che si pongono i famigliari di Massimo, per cercare di fare chiarezza su quanto accaduto. Può anche essere che il telefonino non sia stato ritrovato perché, nella caduta dal dirupo, sia volato lontano dal corpo dei due volontari.
L’autopsia. Ieri mattina intanto è stata eseguita dalle autorità venezuelane l’autopsia sul corpo dei due volontari, in un avanzato stato di decomposizione. Dalle prime risultanze parrebbe quindi che Massimo Barbiero e Simone Montesso siano morti già martedì. Proprio per l’avanzato stato di decomposizione dei corpi potrebbero esserci alcuni problemi per il rientro delle salme.

– – – – –

«Difficoltà per il rimpatrio della salma»
(il Mattino di Padova – pag. 31)

Il fratello volato a Merida: «Sto cercando di capire perché»

FOSSO’. «Le autorità venezuelane non vogliono darci il corpo di Massimo». Sono queste le parole di Claudio Barbiero, fratello del missionario laico, partito lunedì mattina da Venezia con il volo Alitalia delle 6.30 per Caracas nella speranza di ottenere maggiori notizie sulle ricerche di Massimo e Simone. Claudio è arrivato a Caracas quando i corpi dei due erano già stati trovati. Dopo un volo di quattordici ore e due ore di macchina, il 30enne è arrivato nella casa-famiglia della comunità Papa Giovanni XXIII a Merida. Ieri ha cominciato le pratiche per il rientro della salma del fratello, ma si è impantanato nella burocrazia venezuelana. Un’infinità di ore spese tra uffici e carte da compilare. Poi, finalmente, nel primo pomeriggio è riuscito a vedere la salma del fratello Massimo. Il rientro in Italia del corpo del 37enne missionario laico però non sembra essere cosa facile, a causa dell’avanzato stato di decomposizione dei corpi. Un viaggio, quello di Claudio, che era cominciato sull’onda dell’ottimismo e che si sta trasformando in un’odissea. Martedì quando il trentenne di Fossò è arrivato in Venezuela ha appreso della scomparsa del fratello Massimo dall’arrivo di molti sms di condoglianze da parte degli amici. «E’ un viaggio molto duro – dice Claudio – Ho saputo del ritrovamento del corpo di mio fratello dai messaggi che mi sono giunti sul telefono appena l’ho acceso all’aeroporto di Caracas. Allora ho capito che mio fratello Massimo non c’era più. Poi ho chiamato a casa e ho parlato con mio fratello Ruggero, che mi ha comunicato che avevano trovato i corpi dentro un burrone. Speravo che non fosse vero ma alla fine ho dovuto accettare. E’ difficile ma ora l’unica cosa importante è tornare a casa al più presto assieme a Massimo. E’ l’unica cosa che conta», continua con un filo di voce.
«Qui è tutto difficile – aggiunge – Oggi siamo andati alla polizia per formalizzare le denunce e per la depositare la dichiarazione di parentela. Il console intanto ci assisteva per telefono. Dobbiamo fare in fretta per velocizzare il rientro ma c’è molta confusione e le autorità venezuelane sembra non vogliano concedere il nulla osta per il rientro della salma, perché sono morti da molti giorni e i corpi si trovano in un avanzato stato di decomposizione». Il fratello sta cercando di capire il motivo ma il rientro a quanto pare potrebbe essere osteggiato dalle autorità venezuelane per motivi di sicurezza igienico-sanitaria.
d.mas.

– – – – –

Italiani morti in Venezuela: Diocesi di Padova, “dolore” e “vicinanza alle famiglie”
(Sir – pag. 1)

Mercoledi 14 Aprile 2010

Dolore per la tragica morte dei due italiani in Venezuela e vicinanza alle famiglie. È quanto esprimono il vescovo di Padova, mons. Antonio Mattiazzo, e il Centro missionario diocesano, a nome dell’intera diocesi, appresa la notizia del ritrovamento, in Venezuela, dei corpi senza vita del missionario laico Massimo Barbiero di Fossò (comunità della diocesi di Padova) e del volontario Simone Montesso di Bolzano. In una nota diffusa ieri sera, il vescovo e il Centro missionario manifestano “profonda partecipazione al dolore per la loro tragica scomparsa e vicinanza con la preghiera e il ricordo alle famiglie, alle comunità parrocchiali di appartenenza, all’associazione Papa Giovanni XXIII per cui i due giovani italiani operavano, agli amici e parenti tutti”. Dinanzi a “questi tristi eventi”, si legge nella nota, “rimane forte la speranza che nella luce della Pasqua del Signore Risorto anche queste due vite donate siano fecondità per la Chiesa e per il mondo intero”. I due italiani erano scomparsi una settimana fa nelle montagne di Merida, in Venezuela. I loro cadaveri, informa la Farnesina, sono stati trovati in fondo a un burrone nella zona in cui si erano recati a fare un’escursione. Montesso, 23 anni, e Barbiero, 37 anni, erano membri dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. I due erano a Merida per lavorare nelle case-famiglia dell’associazione.

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Mercoledì 14 Aprile 2010

– – – – –

Dolore per la morte dei due italiani in Venezuela
(www.bluradioveneto.it)

Massimo Barbiero missionario laico di Fossò nel veneziano (diocesi di Padova) e il volontario di Bolzano Simone Montesso sono caduti in un burrone, nei pressi di una teleferica, durante la missione che stavano seguendo in Venezuela. Erano partiti in Gennaio per un’esperienza nelle case famiglia della comunità Giovanni XXIII in Venezuela, e avevano dato notizie della loro missione a Pasqua. Da qualche giorno poi i contatti si erano interrotti. La famiglia di Massimo a Fossò era in stretto contatto con la Farnesina, in attesa del ritrovamento, visto che le autorità avevano dato conferma di aver delinato il percorso che stavano compiendo. Poi la drammatica notizia. Precipitati e morti in questo burrone. Anche il Vescovo di Padova Mons.Mattiazzo e il Centro missionario diocesano, a nome dell’intera Diocesi di Padova, esprimono “profonda partecipazione al dolore e vicinanza con la preghiera e il ricordo alle famiglia, alle comunità parrocchiali di appartenenza, all’associazione Papa Giovanni XXIII per cui i due operavano, agli amici e parenti tutti”. “Di fronte a questi tristi eventi – sottolinea il vescovo – rimane forte la speranza che nella luce della Pasqua del Signore Risorto anche queste due vite donate siano fecondità per la Chiesa e per il mondo intero”. Anche il Presidente del Veneto Luca Zaia ha espresso da parte di tutta la Regione cordoglio e vicinanza alle famiglie di Barbiero e Montesso. Al microfono di Cristina Pagnin ascoltiamo l’accorata testimonianza di Diego, fratello di Massimo Barbiero, raggiunto nell’abitazione di Fossò.

Ascolta le parole di Diego Barbiero, fratello di Massimo

– – – – –

Il Governatore Zaia rende omaggio ai missionari morti
(www.tgpadova.it)

A NOME DI TUTTA LA REGIONE, IL NEO PRESIDENTE DELLA GIUNTA HA RESO OMAGGIO AI DUE VOLONTARI CHE HANNO PERSO LA VITA IN VENEZUELA. ‘SONO PERSONALMENTE VICINO ALLA FAMIGLIA DI BARBIERO’

Il presidente della Giunta regionale del Veneto Luca Zaia, a nome di tutta la Regione, esprime “vicinanza e profonda partecipazione” al dolore delle famiglie del missionario laico Massimo Barbiero di Fossò, in provincia di Venezia, e del volontario Simone Montesso, di Bolzano, scomparsi in Venezuela mentre si adoperavano per i più poveri. “Massimo Barbiero – ricorda Zaia – dopo aver trascorso 10 anni in Africa era ripartito all’inizio di gennaio per una nuova esperienza in Venezuela nelle case-famiglia della comunità Giovanni XXIII: rimarrà per noi un esempio di generosità e di altruismo, qualità che da sempre contraddistinguono la gente del Veneto”.

– – – – –

Venezuela, trovati morti i due italiani
(www.avvenire.it)

Barbiero e Montesso dell’associazione Giovanni XXIII erano in fondo a un dirupo

DI DIEGO MOTTA

Un tragico incidente di montagna. Dopo sette giorni di ricerche, sono stati trovati in fondo a un dirupo i corpi di Massimo Barbiero e Simone Montesso, i due operatori dell’Associazione Giovanni XXIII scomparsi da martedì scorso in Venezuela. È questo l’epilogo drammatico di una vicenda che ha tenuto col fiato sospeso tutta la comunità fondata da don Benzi e le famiglie dei due nostri connazionali.
«Sono stati trovati in fondo ad un crepaccio, vicino al tratto iniziale di una funivia, in un’area a circa 2mila metri d’altezza», hanno precisato ieri sera fonti dell’ambasciata italiana nel Paese sudamericano. A dare la notizia del ritrovamento dei corpi è stato il direttore della Protezione civile di Merida, Noel Marquez. «I due portavano pantaloni corti, camicie gialle e rosse e avevano borse a tracolla», ha precisato Marquez.
Massimo, 36 anni, originario di Fossò, in provincia di Venezia, era un missionario laico associato alla Giovanni XXIII, mentre Simone, 23 anni, di Bolzano, era partito per la città venezuelana come volontario.
Entrambi erano impegnati nel centro di primo intervento a favore dei bambini in difficoltà e da qualche settimana avevano messo a punto un progetto di educazione a favore dei ragazzi di strada nel Barrio, un quartiere ‘difficile’ di Merida.
«Il nostro pensiero va alle famiglie e ai tanti parenti ed amici che da loro hanno ricevuto una così nobile testimonianza di amore e di fede – ha sottolineato il responsabile della comunità Giovanni Paolo Ramonda – . In questo momento la nostra comunità trova conforto nella preghiera nella certezza che questi giovani siano già stati accolti nella casa del Padre accanto al nostro fondatore don Oreste Benzi».
Secondo le ricostruzioni, i due si stavano dirigendo verso una casa in un’area nota come ‘La Montagna’, a circa 2.400 metri di altezza, ad una distanza di due ore a piedi dalla città venezuelana. Nei giorni scorsi, attraverso un faticoso lavoro di ricostruzione delle autorità locali, si è cercato di ripercorrere l’itinerario compiuto dai due italiani una volta partiti dalla loro comunità. «È stato decisivo il contributo di alcune testimonianze dirette raccolte da persone che li hanno visti passare» spiegano fonti della Farnesina. Alla fine le ricerche della Protezione civile venezuelana, con cui le autorità diplomatiche italiane si sono tenute in stretto contatto, si sono concentrate sull’area dove i volontari italiani avevano ritenuto di compiere l’escursione. L’ipotesi più probabile è dunque quella dell’incidente di montagna, anche se solo un’autopsia permetterà di chiarire con certezza nei prossimi giorni le circostanze precise della loro morte.
Proprio nella mattinata di ieri, alcune fonti dell’ambasciata italiana a Caracas avevano per la prima volta ufficialmente escluso la possibilità di un sequestro, circolata nei giorni scorsi vista la vicinanza del confine con la Colombia, in un’area in cui spesso accadono eventi del genere. Ma col passare dei giorni, in realtà, le speranze di ritrovare in vita Massimo e Simone sono diminuite.
«L’ipotesi che fossero stati rapiti – ha spiegato ieri Ruggero Barbiero, uno dei fratelli di Massimo – ci era apparsa subito la migliore rispetto a quella, più tragica, di una disgrazia.
Purtroppo non è stato così». Ieri erano partiti alla volta di Merida Claudio Barbiero, uno dei fratelli di Massimo, e due missionari della Giovanni XXIII, a cui si aggiungeranno oggi i genitori di Montesso e lo stesso Ramonda.
Profonda la commozione delle comunità d’origine.
«Queste due vite donate siano fecondità per la Chiesa e per il mondo intero» ha detto il vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, a nome dell’intera diocesi e del centro missionario diocesano, nell’esprimere «profonda partecipazione al dolore per la tragica scomparsa» e «vicinanza con la preghiera e il ricordo alle famiglie, alle comunità parrocchiali di appartenenza, all’associazione Papa Giovanni XXIII».
Secondo le prime ricostruzioni si sarebbe trattato di un fatale incidente di montagna Il responsabile della comunità fondata da don Benzi: la loro resterà una nobile testimonianza di amore e di fede. I parenti delle vittime già in viaggio per il Sudamerica.

– – – – –

Massimo e Simone caduti in un burrone
(il Gazzettino – pag. 18)

VENEZUELA Trovati i corpi dei missionari di Venezia e Bolzano

FOSSÒ – Trovati morti nelle Ande di Medita in Venezuela due operatori della Comunità Giovanni XXIII di don Benzi scomparsi la settimana scorsa dalla Casa Famiglia per bambini in cui vivevano. I corpi di Massimo Barbiero, 37 anni missionario laico della comunità di Fossò (Venezia), e Simone Montesso, 23 anni di Bolzano volontario sono stati trovati ieri dalla squadra di ricerche ma non ancora recuperati. Sarebbero caduti in un burrone in fondo ad una ventina di metri mentre erano di ritorno da un’escursione verso la località «La Montagna» a quota 2400 metri di altitudine che dista un paio d’ora dalla casa famiglia in cui operavano. Questo quanto comunicato ieri in serata da Noel Marquez, responsabile della protezione civile di Merida, precisando che Montesso e Barbiero sono stati identificati grazie agli indumenti che portavano. I due giovani erano a Merida per lavorare nelle case-famiglia dell’associazione, Barbiero era arrivato in Venezuela a gennaio, dopo un’esperienza iniziata appena laureato e durata 10 anni a Soweto, nelle baraccopoli vicino a Nairobi in Kenia, aiutando i bambini poveri della zona. La Comunità aveva deciso di trasferirlo a gennaio in Venezuela, a Medita, affidandogli il compito di seguire i bambini in difficoltà, poveri o abbandonati, che frequentavano la casa famiglia della Comunità Giovanni XXIII di Rimini, fondata da don Benzi. Martedì della scorsa settimana Massimo e Simone erano andati a fare una passeggiata in montagna, ma non erano più tornati. Il cellulare di Simone dopo un primo «pronto» aveva interrotto la comunicazione, forse per la batteria scarica, e gli altri operatori della Comunità avevano iniziato a preoccuparsi. La famiglia di Massimo, il padre Alessandro è medico di famiglia e dell’ospedale di Dolo e ha sette figli, cinque maschi, tra cui Massimo, e due femmine, era stata avvertita il giorno dopo. Le ricerche sono partite quasi subito ma sono state rese difficile dalle pioggie incessanti, che si abbattono in questo periodo a Merida, e dalla nebbia. Si era pensato anche ad un rapimento, considerando la vicinanza con il confine della Columbia, e la fatto che i due fossero europei. Ieri sera l’epilogo. Ieri mattina uno dei di Massimo Barbiero, Calduio, era partito insieme a due amici da Fossò (Venezia) per Caracas proprio per accelerare le ricerche e trovare contatti. Purtroppo, una volta sceso dall’aereo, nella notte, ha trovato ad accoglierlo la tragica notizia del ritrovamento del corpo del fratello, precipitato nelle Ande venezuelane.
Luisa Giantin

– – – – –

«Ci manca tantissimo, ma siamo certi che sta bene dov’è»
(il Mattino di Padova – pag. 29)

Cittadella. La comunità Giovanni XXIII: «Preghiamo per loro»

CITTADELLA. Una comunità in preghiera, in attesa del rientro delle salme di Massimo Barbiero e Simone Montesso. «Massimo era una persona tanto ricca, unita a Dio. Ci manca, ma siamo certi che sta bene dov’è. La nostra risposta è nel Signore». Sono le parole della comunità Papa Giovanni XXIII di Cittadella: è qui che Massimo aveva iniziato il suo percorso di missionario che lo aveva portato in giro per il mondo, vicino agli ultimi, ai bisognosi.
«La comunità di Cittadella è rimasta in preghiera per tre giorni, da venerdì a domenica. Per domani avevamo organizzato a Fossò una veglia per stringerci attorno alla famiglia, e per chiedere al Signore di far tornare a casa Massimo e Simone, sani e salvi. Ora pregheremo comunque per le loro anime». Ci si aggrappa alla fede ma, allo stesso tempo, si è alla ricerca di una risposta. «La notizia ci ha sconvolto. Avevamo visto Massimo prima della partenza da Cittadella, la nostra sede regionale, per il Venezuela. Era sereno. Dentro di noi lo avevamo soprannominato “Sorriso”. Era soddisfatto e convinto della sua scelta, della sua missione. Era innamorato della natura. Una delle nostre speranze era che si fossero persi nella foresta, con Massimo ce l’avrebbero sicuramente fatta». Ma la montagna, anche in Sudamerica, non perdona.
Silvia Bergamin

– – – – –

Massimo Barbiero morto in un burrone
(il Mattino di Padova – pag. 29)

Il missionario laico di Fossò è stato trovato dalla protezione civile del Venezuela LA TRAGEDIA Vicino a lui il corpo anche dell’altro italiano Il maltempo probabile causa della caduta fatale

FOSSO’. Massimo Barbiero è stato ritrovato morto assieme al volontario Simone Montesso in un burrone lungo il percorso della teleferica che porta nell’alta montagna circostante la città di Merida. Il corpo del 37enne missionario laico di Fossò dell’associazione Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, scomparso da sette giorni, è stato trovato dagli uomini della Protezione civile venezuelana ieri mattina, dopo che le ricerche si erano concentrate sull’impianto che si estende sull’area del parco nazionale della Sierra Nevada de Merida, e che con i suoi 4765 metri sul livello del mare è il più alto del mondo. Massimo Barbiero e Simone Montesso, 23 anni di Bolzano, sono scivolati in un burrone della cordigliera andina martedì 6, lo stesso giorno della scomparsa.
Ieri sera alle 18 i carabinieri della stazione di Vigonovo hanno suonato al civico 59 di via Fogarine a Fossò notificando alla famiglia Barbiero il tragico evento. La notizia ha fatto subito il giro del paese e l’intera comunità si è stretta attorno a papà Alessandro, mamma Giuseppina e ai fratelli Giulio, Diego, Ruggero e le sorelle Alessia e Luisa. Claudio, il fratello minore di Massimo, ha appreso della tragica scomparsa solo in tarda serata quando è giunto in Venezuela dopo un volo carico di speranza di dodici ore. «L’ipotesi che fossero stati rapiti – racconta Ruggero – ci era subito apparsa la migliore rispetto a quella più tragica della disgrazia. Purtroppo non è stato così».
Massimo Barbiero e Simone Montesso erano scomparsi in un’area di montagna di Santa Rosa de La Hechicera, a Merida in Venezuela. Dei due uomini non si avevano più notizie dalla mattina di martedì quando avevano comunicato alla responsabile della comunità di Milla a Merida, Ines Meggiolaro, dove i due operano con bambini abbandonati e diversamente abili, che sarebbero andati a fare una passeggiata in montagna dove si rifugiavano alcuni senza fissa dimora del posto, vicino al confine con la Colombia. Dopo l’ultimo sms inviato alle 9.30 a Simone dalla mamma, i loro telefoni cellulari sono risultati irraggiungibili per tutti i sei giorni. Il giorno della scomparsa i due uomini avevano deciso di prendere la teleferica che parte da Barinites di Merida (1.557 metri) e arriva a Pico Espejo ma che a causa del cattivo stato di manutenzione si ferma alla prima delle 5 stazioni, cioè a La Montana (2.406). Gli operai addetti alla manutenzione dell’impianto li avevano visti e verso le 14 li avevano invitati a scendere con loro ma i due uomini avrebbero risposto che proseguivano a piedi. Ben presto la giornata di sole si è però trasformata in una pioggia torrenziale che ha sorpreso Massimo e Simone mentre erano in viaggio privi di equipaggiamento per la montagna. Nella giornata di lunedì Massimo e Simone sono stati riconosciuti attraverso l’identikit, che gli uomini della Protezione civile venezuelana stavano facendo circolare, dagli operai della teleferica. Le ricerche si sono concentrate sull’area del parco nazionale della Sierra Nevada de Merida. A quel punto non c’è voluto molto per gli uomini della Protezione civile a trovare i corpi privi vita di Massimo e Simone che sono stati identificati in fondo al crepaccio grazie ai loro indumenti. Sarà eseguita l’autopsia, che chiarirà le cause della morte.
Davide Massaro

– – – – –

«Era un esempio per tutti»
(il Gazzettino di Padova – pag. 11)

IL SINDACO Il ricordo commosso di Luciano Compagno

FOSSÒ – «Non ci sono parole diffronte ad una tragedia di queste dimensioni. È una perdita tremenda per il nostro paese». Queste le prime dichiarazioni di Luciano Compagno, sindaco di Fossò, non appena appresa la notizia della morte di Massimo Barbiero, il missionario originario del paese brentano. «Quando ho saputo della scomparsa di Massimo io mi trovavo all’estero – spiega il primo cittadino – ma sono rimasto in costante contatto con la famiglia anche attraverso Diego, uno degli assessori che compongono la giunta. Avevo già dato disposizione affinché il Comune garantisse la massima disponibilità nei servizi circa i rapporti con la Farnesina e i consolati. Non appena Diego mi ha dato la notizia del ritrovamento del corpo di Massimo in un burrone, non riuscivo a crederci, ero convinto che la vicenda si sarebbe risolta con un esito positivo, anche in caso di rapimento».
È incredulo il sindaco Compagno, così com’è incredulo Fossò, dove la comunità parrocchiale si era organizzata in veglie di preghiera; manifestazioni di fede a sostegno del ritorno del giovane missionario. «Siamo vicini alla famiglia – conclude il sindaco – nella consapevolezza di aver perso assieme a loro uno dei testimoni più validi e sensibili nell’impegno sociale, perché Massimo è un positivo esempio per tutti noi. Ora attendiamo il rientro del nostro giovane qui per l’ultimo abbraccio qui a Fossò.
Perla Marafin

– – – – –

«Un giovane dal cuore d’oro, aveva scelto di vivere tra gli ultimi»
(il Gazzettino di Padova – pag. 1)

LA COMUNITÀ DI PADOVA

«Speravamo che fossero vivi, magari nelle mani di rapitori. Ma con il passare dei giorni temevamo il peggio, vittime di un incidente in montagna. Così è stato: Massimo e Simone sono in fondo a un burrone». Stefano Paradisi, responsabile della segreteria generale dell’associazione Papa Giovanni XXIII, ha seguito giorno e notte le ricerche, ha pregato, sperato, incoraggiato gli altri. Ieri pensava alle famiglie di Massimo Barbiero e Simone Montesso: gli siamo vicini, vicinissimi, ripeteva. Nella comunità di Padova, alla quale Massimo si era accostato giovanissimo, dopo la laurea in Scienze forestali, dolore e smarrimento di chi non può credere di avere perso per sempre un amico vero. Ricorda Paolo Tonelotto, animatore generale del servizio missioni: «Era un ragazzo d’oro. L’ho conosciuto 12 anni fa, quando venne qui a Padova. Nel cuore aveva la condivisione. Aveva scelto di vivere fra gli ultimi, nelle baraccopoli del Kenya, dove a lungo si è occupato di progetti di sviluppo. Dopo 10 anni è tornato, per poi ripartire subito per il Venezuela».
La comunità Papa Giovanni XXIII aveva già organizzato una veglia di preghiera a Fossò per giovedì prossimo, prima ancora di sapere della tragica fine di Massimo e Simone. «Ci saremo – dice ancora Tonelotto – sarà una veglia in ricordo». Alla notizia della morte di Barbiero e Montesso è intervenuto il vescovo di Padova. Si legge in una nota: «Monsignor Antonio Mattiazzo e il Centro missionario diocesano, a nome dell’intera diocesi di Padova, appresa la notizia del ritrovamento dei corpi senza vita dei due italiani esprimono profonda partecipazione al dolore e manifestano vicinanza con la preghiera e il ricordo alle famiglie, alle comunità parrocchiali di appartenenza, all’associazione Papa Giovanni XXIII per cui i due giovani italiani operavano, agli amici e parenti tutti. Di fronte a questi tristi eventi rimane forte la speranza che nella luce della Pasqua del Signore Risorto anche queste due vite donate siano fecondità per la Chiesa e per il mondo intero».
D.Vet.

– – – – –

Massimo, la fine in un burrone
(il Gazzettino di Padova – pag. 4)

FOSSÒ Un intero paese sconvolto per la morte del missionario laico Il fratello partito per cercarlo ha appreso la notizia all’arrivo a Caracas

«Avevamo ritrovato la speranza, poi neppure un’ora dopo la terribile notizia. Mio fratello Claudio è ancora in volo, lo saprà quando atterrerà a Caracas nella notte». Diego Barbiero ha la voce rotta dalla commozione mentre racconta con un filo di voce come lui e la famiglia, il papà Alessandro, la mamma e gli altri cinque fratelli, hanno appreso la scomparsa di Massimo. Il corpo del 37enne missionario laico è stato trovato ieri in serata (ma a Merida in Venezuela è mattina), era in un dirupo nelle Ande di Medita insieme a Simone Montesso, 23 anni di Bolzano l’altro volontario della Comunità Giovanni XXIII, fondata da Don Benzi. «Dio si prende gli angeli quando vuole e Massimo Barbieri era un angelo».
Appena laureato a 24 anni si era dedicato al volontariato, a 26 anni era partito per il Kenya per lavorare prima come volontario e poi come missionario nella Comunità di don Benzi, tra le baraccopoli di Soweto, vicino a Nairobi, facendosi povero tra i poveri, umile tra gli umili, per strappare a quei bambini che tanto amava, un sorriso, uno sguardo sereno tra la disperazione e la fame. «Alle 17 (di ieri ndr) – racconta Diego uno dei fratelli di Massimo – abbiamo sentito telefonicamente il Console italiano in Venezuela, era fiducioso. Ci aveva detto che erano state riavviate le ricerche in mattinata con una cinquantina di uomini e che grazie ad un testimone, un operaio di una funivia che aveva avvistato Massimo e Simone mentre scendevano, avevano ristretto le ricerche. Forse si sono persi nel bosco, aveva aggiunto». Scongiurata l’ipotesi di un rapimento la famiglia Barbiero sperava che Massimo e il suo amico si fossero persi, una settimana senza cibo, ma con acqua, in montagna qualche speranza di sopravvivenza c’è e invece.
«Neppure un’ora dopo – continua Diego – la telefonata dei genitori di Simone: li hanno trovati. Sono morti, seguita da quella di monsignor Ramona, il responsabile della Comunità Giovanni XXIII». Subito dopo arrivano i carabinieri, portano i documenti della Farnesina che attestano la scomparsa di Massimo e apprendono dagli stessi genitori di Massimo Barbiero la triste notizia. Nel dramma, un’altra preoccupazione. Claudio, il fratello trentenne di Massimo è partito con due amici per Caracas proprio ieri mattina. Un viaggio della speranza per accelerare le ricerche. Ha appreso la notizia quando è arrivato all’aeroporto nella notte.
«Sono stato in famiglia con i genitori di Massimo e i fratelli – racconta don Gino parroco di Fossò – è un momento di grande sofferenza ma anche di grande affetto. È una famiglia esemplare, si fanno forza l’un l’altro, hanno fede. Massimo era per noi un esempio di dedizione, si era fatto ultimo tra gli ultimi». Per domani era stata fissata una veglia di preghiera alle 21 in chiesa a Fossò anche con la comunità Giovanni XXIII e con gli amici di Massimo. Si farà ugualmente per preparare l’ultimo saluto e probabilmente anche questa sera ci sarà un momento di preghiera per ricordare il giovane missionario laico tragicamente scomparso.
Luisa Giantin

– – – – –

Morto in un dirupo il missionario laico scomparso in Venezuela
(il Corriere del Veneto – pag. 6)

VENEZIA – Sono stati ritrovati senza vita in un dirupo sulle Ande. Nella zona in cui erano stati avvistati da un operaio sulla teleferica. Massimo Barbiero missionario laico di Fossò (Venezia) e Simone Montesso, volontario di Bolzano, sono morti a Mèrida in Venezuela. Avevano il primo 37 e il secondo 23 anni ed erano missionari per l’associazione comunità Papa Giovanni XXIII. Erano scomparsi martedì scorso dopo essere partiti assieme per un’escursione da cui non sono più tornati. Ieri pomeriggio è arrivata la notizia ai familiari dalla missione dove erano volontari che è stata confermata dalla Farnesina. La responsabile della Casa Hogar Madre de la Temura, la veronese Ines Meggiolaro, ieri era in piazza con tutta la città venezuelana ad attendere che i corpi dei missionari scendessero dalla montagna. «Siamo nella stazione del teleferico del Pico Bolivar – ha spiegato poco dopo il ritrovamento – i corpi non possono ancora essere recuperati prima dell’arrivo del medico legale».
La notizia è arrivata nella casa dei sette fratelli di Massimo Barbiero lasciando spazio al dolore per il più tragico degli epiloghi. «Eravamo al telefono con i genitori di Simone – racconta Ruggero Barbiero, il fratello – hanno ricevuto una telefonata in diretta e ci hanno comunicato la morte di Massimo e di loro figlio. Poco dopo ha squillato di nuovo il telefono e l’ambasciata ha confermato che si trattava proprio di loro. L’altro nostro fratello era ancora in volo per raggiungere Mèrida e ha saputo tutto quando è atterrato». Ed oggi lo raggiungeranno anche i genitori di Simone Montesso.
Claudio Barbiero era partito l’altro ieri per raggiungere il Venezuela e seguire da vicino le ricerche. Prima di imbarcarsi, la sera, aveva ricevuto la conferma che un testimone aveva visto Massimo e Simone il giorno della loro scomparsa. Un operaio che lavora sulla teleferica di Mèrida, la più alta e lunga al mondo, che porta a quota cinquemila metri, li aveva scorti nella foresta. «Hanno spiegato che l’operaio aveva chiesto aMassimo e Simone se volevano un passaggio per scendere a valle quel giorno – prosegue affranto Ruggero – ma loro hanno rifiutato. Li hanno trovati morti in un burrone». Sono caduti nella gola a causa della tempesta che li ha colti in quota, precipitati per venti metri, come ha riferito il capo della protezione civile locale Noel Marquez. Sono stati riconosciuti ieri dai vestiti che indossavano al momento di lasciare la missione. Dopo otto giorni di estenuante attesa le speranze sono state infrante da una così tragica scomparsa. A Fossò oggi si riunirà una giunta straordinaria indetta dal sindaco Luciano Compagno per organizzare una delegazione che accoglierà i feretri in arrivo dal Venezuela. Quel giorno il paese si stringerà nel lutto cittadino per la scomparsa di Massimo, missionario che ha passato anni in Africa e fratello dell’attuale assessore al Bilancio del comune veneziano, Diego Barbiero. Un messaggio alla famiglia di vicinanza al dolore della famiglia è arrivato anche dal vescovo di Padova Antonio Mattiazzo.
Martino Galliolo

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Martedì 13 Aprile 2010

Dolore e vicinanza per la tragica scomparsa dei due italiani in Venezuela
(www.diocesipadova.it)

Il vescovo, mons. Antonio Mattiazzo, e il Centro missionario diocesano, a nome dell’intera Diocesi di Padova, appresa la notizia del ritrovamento, in Venezuela, dei corpi senza vita dei due italiani – il missionario laico Massimo Barbiero di Fossò (comunità della diocesi di Padova) e il volontario Simone Montesso di Bolzano – esprimono profonda partecipazione al dolore per la loro tragica scomparsa e manifestano vicinanza con la preghiera e il ricordo alle famiglia, alle comunità parrocchiali di appartenenza, all’associazione Papa Giovanni XXIII per cui i due giovani italiani operavano, agli amici e parenti tutti.
Di fronte a questi tristi eventi rimane forte la speranza che nella luce della Pasqua del Signore Risorto anche queste due vite donate siano fecondità per la Chiesa e per il mondo intero.

– – – – –

Venezuela, trovati morti i due italiani scomparsi
(www.avvenire.it)

Un tragico incidente di montagna. Dopo sette giorni di ricerche, sono stati trovati in fondo a un dirupo i corpi di Massimo Barbiero e Simone Montesso, i due operatori dell’Associazione Giovanni XXIII scomparsi da martedì scorso in Venezuela. È questo l’epilogo drammatico di una vicenda che ha tenuto col fiato sospeso tutta la comunità fondata da don Benzi e le famiglie dei due nostri connazionali.
«Sono stati trovati in fondo ad un crepaccio, vicino al tratto iniziale di una funivia, in un’area a circa 2mila metri d’altezza», hanno precisato ieri sera fonti dell’ambasciata italiana nel Paese sudamericano. A dare la notizia del ritrovamento dei corpi è stato il direttore della Protezione civile di Merida, Noel Marquez. «I due portavano pantaloni corti, camicie gialle e rosse e avevano borse a tracolla», ha precisato Marquez.
Massimo, 36 anni, originario di Fossò, in provincia di Venezia, era un missionario laico associato alla Giovanni XXIII, mentre Simone, 23 anni, di Bolzano, era partito per la città venezuelana come volontario. Entrambi erano impegnati nel centro di primo intervento a favore dei bambini in difficoltà e da qualche settimana avevano messo a punto un progetto di educazione a favore dei ragazzi di strada nel Barrio, un quartiere “difficile” di Merida.
«Il nostro pensiero va alle famiglie e ai tanti parenti ed amici che da loro hanno ricevuto una così nobile testimonianza di amore e di fede – ha sottolineato il responsabile della comunità Giovanni Paolo Ramonda –. In questo momento la nostra comunità trova conforto nella preghiera nella certezza  che questi giovani siano già stati accolti nella casa del Padre accanto al nostro fondatore don Oreste Benzi».
Secondo le ricostruzioni, i due si stavano dirigendo verso una casa in un’area nota come “La Montagna”, a circa 2.400 metri di altezza, ad una distanza di due ore a piedi dalla città venezuelana. Nei giorni scorsi, attraverso un faticoso lavoro di ricostruzione delle autorità locali, si è cercato di ripercorrere l’itinerario compiuto dai due italiani una volta partiti dalla loro comunità. «È stato decisivo il contributo di alcune testimonianze dirette raccolte da persone che li hanno visti passare» spiegano fonti della Farnesina. Alla fine le ricerche della Protezione civile venezuelana, con cui le autorità diplomatiche italiane si sono tenute in stretto contatto, si sono concentrate sull’area dove i volontari italiani avevano ritenuto di compiere l’escursione. L’ipotesi più probabile è dunque quella dell’incidente di montagna, anche se solo un’autopsia permetterà di chiarire con certezza nei prossimi giorni le circostanze precise della loro morte.
Proprio nella mattinata di ieri, alcune fonti dell’ambasciata italiana a Caracas avevano per la prima volta ufficialmente escluso la possibilità di un sequestro, circolata nei giorni scorsi vista la vicinanza del confine con la Colombia, in un’area in cui spesso accadono eventi del genere. Ma col passare dei giorni, in realtà, le speranze di ritrovare in vita Massimo e Simone sono diminuite.
«L’ipotesi che fossero stati rapiti – ha spiegato ieri Ruggero Barbiero, uno dei fratelli di Massimo – ci era apparsa subito la migliore rispetto a quella, più tragica, di una disgrazia. Purtroppo non è stato così». Ieri erano partiti alla volta di Merida Claudio Barbiero, uno dei fratelli di Massimo, e due missionari della Giovanni XXIII, a cui si aggiungeranno oggi i genitori di Montesso e lo stesso Ramonda. Profonda la commozione delle comunità d’origine.
«Queste due vite donate siano fecondità per la Chiesa e per il mondo intero» ha detto il vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, a nome dell’intera diocesi e del centro missionario diocesano, nell’esprimere «profonda partecipazione al dolore per la tragica scomparsa» e «vicinanza con la preghiera e il ricordo alle famiglie, alle comunità parrocchiali di appartenenza, all’associazione Papa Giovanni XXIII».

IL FATTO

È martedì 6 aprile quando Simone Montesso e Massimo Barbiero escono per una passeggiata. Da Merida, città venezuelana al confine con la Colombia, si dirigono verso le vicine montagne andine, ma non fanno ritorno alla casa di pronta accoglienza “Madre de la Ternura”. In serata scatta l’allarme: a mezzanotte c’è l’ultimo contatto telefonico con i due giovani. «Pronto?» risponde Simone. Poi la comunicazione si interrompe. Da allora più nulla. Nei giorni successivi si muovono le autorità locali, la Farnesina attiva tutti i canali diplomatici con l’ambasciata e il consolato italiano in Venezuela. Le famiglie sono messe al corrente della scomparsa e, mentre le ricerche proseguono, l’Associazione Giovanni XXIII rivolge un appello affinché tutti si mobilitino per la sorte dei due volontari. «Nessuna ipotesi, neppure quella di un rapimento – spiega sabato una nota della comunità fondata da don Oreste Benzi – può essere esclusa». Il maltempo rende ancora più difficile la perlustrazione della zona, visto che la nebbia impedisce agli elicotteri di sorvolare le zone più impervie. In Italia, intanto, cresce la preoccupazione delle famiglie. Due missionari laici della Giovanni XXIII e un fratello di Barbiero, Claudio, sono partiti ieri per il Venezuela e saranno seguiti oggi dal responsabile dell’associazione, Giovanni Paolo Ramonda.

– – – – –

Trovati morti in burrone il veneziano e il bolzanino scomparsi in Venezuela
(www.gazzettino.it)

Lavoravano nelle case famiglia della Comunità Giovanni XXIII

Usciti per una passeggiata sui monti non erano più rientrati

CARACAS (13 aprile) – Sono stati trovati morti il bolzaninoSimone Montesso e il veneziano Massimo Barbiero,scomparsi una settimana fa nelle montagne di Merida, inVenezuela. Lo hanno reso noto all’Ansa le autorità di Caracas, precisando che i cadaveri dei due volontari erano in fondo ad un burrone.
I due erano a Merida per lavorare nelle case-famiglia dell’associazione comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Montesso è un volontario della comunità, Barbiero un missionario laico associato alla Giovanni XXIII. Martedì scorso erano andati a fare una passeggiata in montagna, ma non erano tornati. I loro telefoni cellulari risultavano irraggiungibili.
«I corpi dei due sono stati trovati in fondo ad un crepaccio, vicino al tratto iniziale di una funivia, in un’area a circa 2 mila metri d’altezza», hanno precisato fonti dell’ambasciata italiana. A dare la notizia del ritrovamento dei corpi è stato il direttore della protezione civile di Merida, Noel Marquez.
Montesso e Barbiero «sono stati identificati grazie ai loro indumenti»: lo ha riferito Marquez. «I due portavano pantaloni corti e camicie gialle e rosse, e avevano borse a tracolla», ha precisato il direttore della protezione civile, aggiungendo che sul luogo del ritrovamento si stanno recando le autorità giudiziarie.
A quanto pare i due uomini si stavano dirigendo verso una casa in un’area nota come “La Montagna”, a circa 2.400 metri di altezza, ad una distanza a piedi di due ore da Merida.
Le ricerche della protezione civile venezuelana – con cui le autorità diplomatiche italiane in Venezuela si sono tenute in stretto contatto fin dall’inizio della scomparsa dei due connazionali – si sono concentrate sull’area dove i volontari italiani avevano ritenuto di compiere l’escursione, area individuata grazie alla ricostruzione operata dalle autorità venezuelane in base ai movimenti dei due e alle testimonianze raccolte.
Solo un’autopsia – è quanto si rileva alla Farnesina -consentirà di definire elementi certi sulle circostanze della morte dei due che, al momento, sembrerebbe dovuta ad un incidente di montagna.

– – – – –

I corpi in fondo al crepaccio: «Attendiamo il medico legale per recuperarli»
(www.gazzettino.it)

CARACAS (13 aprile) – «Siamo in attesa dell’arrivo del medico legale, i corpi sono ancora in fondo al burrone»: lo ha riferito Ines Meggiolaro, responsabile a Merida della Comunità Giovanni XXIII alla quale appartenevano Simone Montesso e Massimo Barbiero. «Siamo nella stazione del teleferico del Pico Bolivar», ha detto all’Ansa la Maggiolaro, senza nascondere il proprio dolore, precisando che «prima di essere recuperati, deve intervenire il medico legale. La funivia è chiusa e in fondo al crepaccio possono scendere solo gli uomini della protezione civile».
Simone e Massimo saranno successivamente portati «all’ospedale di Merida per l’autopsia», ha aggiunto, spiegando che i due italiani «sono stati trovati durante le ricerche nell’area fatte in mattinata da una trentina di persone della protezione civile, più una decina di esperti del luogo».
«Credo che la ragione della caduta nel burrone sia stato il maltempo, visto la pioggia e anche la nebbia di questi giorni: queste montagne sono così, il maltempo arriva all’improvviso», ha aggiunto la Meggiolaro, che con la voce spezzata dalla commozione ha concluso: «Per noi è un momento duro, stiamo aspettando l’arrivo dei genitori».

– – – – –

Disperazione in casa Barbiero, mentre uno dei fratelli è in volo verso Caracas
(www.gazzettino.it)

VENEZIA (13 aprile) – «Sono caduti in un burrone, nei pressi di una teleferica»: Ruggero Barbiero, fratello di Massimo, con la voce rotta dal pianto racconta quanto ha saputo sulla sorte dei due collaboratori dell’associazione. «L’ipotesi che fossero stati rapiti – racconta Ruggero Barbiero – ci era apparsa subito la migliore rispetto a quella, più tragica, di una disgrazia. Purtroppo non è stato così».
«L’altro mio fratello è ancora in viaggio – dice Ruggero, che risiede con la famiglia a Fossò (Venezia) – si stava recando in Venezuela per seguire le ricerche». Proprio stamane, infatti, Claudio, uno dei sei fratelli Barbiero (tre maschi e tre femmine) si era imbarcato su un aereo per raggiungere Caracas.
«Non sa ancora nulla dell’accaduto – sottolinea Ruggero – non sono riuscito a raggiungerlo telefonicamente». Claudio Barbiero è accompagnato da due amici del missionario laico veneziano.

– – – – –

Tragica morte in Venezuela di Simone Montessi e Massimo Barbiero
(www.apg23.org)

L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, comunica la tragica morte in Venezuela di Simone Montessi e Massimo Barbiero

E’ giunta la seguente notizia ufficiale: sono stati rinvenuti in Venezuela nella località di Merida in fondo ad un dirupo due corpi che sono quelli dei due giovani dispersi martedì scorso, Simone Montessi di 23 anni e Massimo Barbiero 36 anni.
I due giovani appartenevano alla Comunità Papa Giovanni XXIII e si erano recati in Venezuela per svolgere attività di volontariato al servizio dei più poveri e diseredati.
Sono in atto le operazioni di recupero e già il nostro pensiero va alle famiglie e ai tanti parenti ed amici che da loro hanno ricevuto una così nobile testimonianza di amore e di fede.
In questo momento la nostra comunità trova conforto nella preghiera nella certezza che questi giovani siano già stati accolti nella casa del Padre accanto al nostro fondatore don Oreste Benzi.
Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Il Responsabile Generale
Giovanni Paolo Ramonda

– – – – –

Morti i due italiani scomparsi in Venezuela
(www.ansa.it)

Erano dispersi da una settimana nelle montagne di Merida

CARACAS – Sono stati trovati morti Simone Montesso e Massimo Barbiero, i due italiani scomparsi una settimana fa nelle montagne di Merida, in Venezuela. Lo hanno reso noto le autorità di Caracas. “Sono caduti in un burrone, nei pressi di una teleferica”: Ruggero Barbiero, fratello di Massimo, uno dei due italiani morti in Venezuela, con la voce rotta dal pianto racconta all’ANSA quanto ha saputo sulla sorte dei due collaboratori dell’associazione Giovanni XXIII di Rimini. “L’altro mio fratello è ancora in viaggio – dice Ruggero, che risiede con la famiglia a Fossò (Venezia) – si stava recando in Venezuela per seguire le ricerche”.
“I corpi dei due sono stati trovati in fondo ad un crepaccio, vicino al tratto iniziale di una funivia, in un’area a circa 2 mila metri d’altezza”, hanno precisato fonti dell’ambasciata italiana. A dare la notizia del ritrovamento dei corpi è stato il direttore della protezione civile di Merida, Noel Marquez. Le ricerche della protezione civile venezuelana – con cui le autorità diplomatiche italiane in Venezuela si sono tenute in stretto contatto fin dall’inizio della scomparsa dei due connazionali – si sono concentrate sull’area dove i volontari italiani avevano ritenuto di compiere l’escursione. Un’area individuata grazie alla ricostruzione operata dalle autorità venezuelane in base ai movimenti dei due e alle testimonianze in loco. Solo un’autopsia – è quanto si rileva alla Farnesina – consentirà di definire elementi certi sulle circostanze della morte dei due connazionali che, al momento, sembrerebbe dovuta ad un incidente di montagna.

– – – – –

Venezuela, morti i due italiani
(www.tgcom.mediaset.it)

Finiti in burrone durante passeggiata

Sono stati trovati morti Simone Montesso e Massimo Barbiero, i due italiani scomparsi da una settimana nelle montagne di Merida, in Venezuela, dove erano andati per un’escursione. Lo hanno reso noto le autorità di Caracas. I corpi senza vita dei due volontari erano in fondo ad un burrone. Montesso, 23 anni di Bolzano, era un volontario dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, e Barbiero, 37 di Padova, era un missionario laico.
Dei due italiani non si sapeva nulla dal 6 aprile. Montesso e Barbiero si erano recati nei pressi della località di Merida per una passeggiata in montagna.
“Sono caduti in un burrone, nei pressi di una teleferica”: Ruggero Barbiero, fratello di Massimo, racconta quanto ha saputo sulla sorte dei due collaboratori dell’associazione Giovanni XXIII di Rimini. “L’altro mio fratello è ancora in viaggio – dice Ruggero, che risiede con la famiglia a Fossò (Venezia) – si stava recando in Venezuela per seguire le ricerche”.

– – – – –

Pista per Massimo e Simone. Testimoni: avvistati sulle Ande
(il Corriere del veneto)

Il fratello: troppo silenzio sui loro tabulati telefonici

FOSSO’ (Venezia) – Scomparsi in Venezuela, c’è una pista. Alcuni testimoni hanno avvistato due escursionisti, la cui descrizione corrisponde a quella di Massimo Barbiero, 37 anni di Fossò e Simone Montesso, 23 anni di Bolzano, prendere la funivia sulle montagne che sovrastano Mérida. Missionario laico il primo, volontario il secondo, sono dispersi da sette giorni nella cordigliera delle Ande, in Venezuela. Finora non c’era alcuna traccia della loro presenza, ma ieri si è scoperto che un testimone, il giorno della scomparsa, ha visto due persone alla stazione della teleferica, considerata la più alta e lunga al mondo. L’ultima fermata al Pico Epseio arriva a quota 4.800 metri. La teleferica è chiusa e la possono usare solo gli operai. Uno di loro ha visto dall’alto i due scomparsi. I due amici potrebbero essere dispersi nella zona dove infuria il maltempo. Il missionario laico e il volontario sono partiti in maglietta e pantaloncini martedì scorso, per un escursione nell’area di Santa Rosa de La Hechicera. Da quel momento risultano scomparsi nel parco nazionale Sierra La Culata. Ieri mattina è arrivata la notizia dell’avvistamento che ha fatto convocare d’urgenza una riunione al centro operativo della protezione civile locale. Le ricerche ora devono cambiare versante ed essere fatte in quota.
L’Ambasciata del Venezuela ha contattato i parenti in Italia dei due dispersi per comunicare che la testimonianza risulta attendibile e verificata. Questa mattina Claudio, il fratello del missionario laico veneziano, sarà in volo per raggiungere Mérida. «Le condizioni del tempo non hanno permesso di usare gli elicotteri per le ricerche – spiega Claudio Barbiero – Hanno scritto dall’ambasciata venezuelana che c’è stato un possibile avvistamento e che forse corrisponde alla descrizione di Massimo e Simone. Domani mattina (oggi ndr) partirò per capire come mai dopo sette giorni non sono ancora arrivati i risultati dei tabulati del cellulare che hanno con loro. E’ un satellitare, risulta spento dalla notte in cui sono scomparsi ma emette comunque un segnale per essere rintracciato». Massimo Barbiero aveva raggiunto assieme a Simone Montesso la casa di accoglienza per bambini a Mérida ai piedi della cordigliera delle Ande. Entrambi sono volontari dell’associazione comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Dalla Casa Hogar Madre de la Temura ieri pomeriggio ha risposto all’altro capo del telefono una «casco bianco», una studentessa italiana che sta facendo il servizio civile internazionale nella missione diretta da una veneta, la veronese Ines Meggiolaro, responsabile dell’associazione in Venezuela. «Hanno convocato un vertice per pianificare le nuove ricerche dopo il probabile avvistamento di Massimo e Simone – spiega al telefono la direttrice della missione – Il giorno in cui sono partiti ha iniziato a piovere e li abbiamo chiamati preoccupati per tutto il pomeriggio fino a sera, sul cellulare internazionale di Simone che lo aveva con sé mentre Massimo ha lasciato il telefono in camera. Non hanno mai risposto. A mezzanotte la volontaria di servizio civile ha chiamato per un’ultima telefonata e ha ottenuto risposta. Simone ha detto solo “pronto…”. E si è interrotta la comunicazione».
Martino Galliolo

– – – – –

La scomparsa di Barbiero. Un fratello in Venezuela
(il Gazzettino di Venezia, pag. 21)

Il viaggio della speranza di Claudio Barbiero alla ricerca del fratello Massimo, il missionario laico scomparso da ormai una settimana nelle montagne di Merida in Venezuela. È partito questa mattina alle sei e mezza Claudio, uno dei sei, tra fratelli e sorelle, dell’operatore della Comunità Giovanni XXIII, fondata da don Benzi, impegnato a seguire in Venezuela i bambini ospiti di una casa – famiglia. In serata sarà a Caracas e poi insieme ai due amici che lo accompagnano, Edgardo Zancato e un altro compaesano, che dovrebbero aiutarlo con la lingua, dovrebbe raggiungere Merida.
«Speriamo, con questo viaggio, di dare una scossa alle ricerche – spiega un altro dei fratelli Diego. – Sappiamo che piove da giorni, c’è nebbia e che le operazioni di ricerca sono difficili in quella zona al punto che non sappiamo neppure se riescono a utilizzare l’elicottero. Speriamo che con la partenza di Claudio e magari rimanendo per un po’ di tempo sul posto sia possibile avviare dei contatti più diretti con le autorità locali e con le squadre di ricerca».
La situazione si fa sempre più preoccupante. Massimo Barbiero si era allontanato martedì sorso dalla casa – famiglia di Merida con Simone Monterosso volontario della Comunità per una breve escursione, la sera non erano tornati e quando un operatore della Comunità li aveva chiamati all’unico cellulare in loro possesso dopo il primo «pronto» era caduta la linea. Da lì il silenzio. Si teme un incidente, l’impossibilità di comunicare e anche il rapimento considerato che la zona è vicino al confine con la Columbia, frequentata da narcotrafficanti.
La famiglia Barbiero ha presentato formale denuncia di scomparsa per Massimo, ieri nel primo pomeriggio, anche per avviare le necessarie pratiche burocratiche con l’unità di crisi della Farnesina, i cui funzionari comunque si sono fatti vivi sia sabato che ieri mattina con la famiglia Barbiero. «L’altra sera abbiamo parlato con la responsabile della Comunità – raccontano i due fratelli Diego e Claudio – il terreno è impervio e i torrenti ingrossati per le piogge, le ricerche dicono che proseguono con molte difficoltà ma desideriamo comunque che almeno uno della famiglia si accerti personalmente della situazione». Claudio Barbiero e i due amici prevedono di fermarsi una settimana.
Nel frattempo nella casa dei Barbiero a Fossò c’è un continuo viavai di persone che vogliono esprimere la loro vicinanza ai genitori di Massimo. «Una vicinanza che ci fa piacere – spiega Diego – ma il cuore di papà e mamma, come il nostro, è lì, a Merida».
Luisa Giantin

– – – – –

Un fratello del missionario scomparso vola in Venezuela
(il Gazzettino di Venezia, pag. 1)

– – – – –

Dispersi in Venezuela: no sequestro
www.altarimini.it

“Sulla base degli elementi avuti finora, è da escludere un sequestro”: lo riferiscono fonti dell’ambasciata italiana a Caracas sulla scomparsa, una settimana fa in una zona di montagna della Cordigliera andina di Merida, in Venezuela, di Simone Montesso e Massimo Barbiero, i due italiani che lavorano per l’associazione Giovanni XXIII di Rimini. “In questa fase, stiamo lavorando tra l’altro per cercare di avere qualche indicazione dal telefono cellulare” che avevano i due connazionali, “anche se probabilmente sarà difficile avere dei dati utili”, hanno precisato all’ANSA le fonti, ricordando  che la zona di montagna nella quale la protezione civile venezuelana sta realizzando le ricerche è molto ampia.

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Lunedì 12 Aprile 2010

Missionari scomparsi in Venezuela, il fratello di Barbiero parte per Caracas
(il Mattino di Padova)

Prenderà l’aereo domattina Claudio Barbiero, 30 anni, uno dei fratelli di Massimo, il trentasettenne volontario della sezione di Cittadella dell’associazione Papa Giovanni XXII scomparso dal 6 aprile nella zona montuosa di Merida, nell’interno del Venezuela, al confine con la Colombia, assieme a Simone Montesso, 23 anni, di Bolzano.

FOSSO’. Continuano a Merida in Venezuela le ricerche di Massimo Barbiero, il missionario laico trentasettenne di Fossò legato alla sezione di Cittadella dell’associazione Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, scomparso martedì 6 aprile in un’area di montagna di Santa Rosa de La Hechicera, assieme a Simone Montesso, 23 anni, di Bolzano. Ieri sono partite due squadre da quindici uomini ciascuna che sono state inviate nella zona andina, a circa 1.800 metri di altezza, dove si presume siano scoparsi i due uomini. Il parroco di Fossò, don Girolamo Maino, dopo la visita alla famiglia nella serata di sabato, ha invitato la comunità a stare vicino alla famiglia e a pregare per Massimo «affinché il Signore lo assista in questi momenti e possa essere ritrovato al più presto».
Intanto, a distanza di sei giorni, la Protezione civile e le autorità venezuelane hanno puntato sui telefoni cellulari dei due giovani. Stanno infatti cercando di capire da che punto della catena andina sia partita la chiamata di mezzanotte, l’ultima, alla responsabile della casa-famiglia di Milla a Merida. Il missionario laico Massimo Barbiero, con 10 anni di esperienza negli slums di Nairobi in Kenya, e il giovane volontario Simone Contesso sono partiti dal campo della comunità, dove lavoravano con bambini abbandonati o diversamente abili, nella tarda mattinata di martedì 6 aprile per fare una breve camminata, dirigendosi verso il Parco nazionale Sierra de la Culata, un territorio confinante con la Colombia.
I due sono stati sorpresi dal maltempo, che tutt’ora persiste e che non ha permesso agli elicotteri di alzarsi in volo per le ricerche, mentre erano in viaggio, privi di equipaggiamento per la montagna. L’ipotesi del rapimento non è esclusa visto che il territorio si trova vicino alla Colombia ma si punta principalmente sull’i ncidente a causa del cattivo tempo. Il console di Maracaibo, competente per zona, sta seguendo la vicenda e sta sollecitando le autorità del luogo a intensificare le ricerche che sono cominciate mercoledì mattina quando la signora Ines Meggiolaro, responsabile della casa-famiglia, non vedendoli tornare, ha lanciato l’allarme. Ricerche che, per il momento, non hanno portato a nessun esito. La Farnesina, con l’unità di crisi, fa sapere che ha attivato tutti i canali necessari per la ricerca degli scomparsi.
«Siamo in costante contatto con la comunità Papa Giovanni XXIII – afferma Claudio, uno dei fratelli di Massimo – Non ci sono novità. Se le ricerche non portassero a nulla, cercheremo di partire per andare sul posto e capire concretamente cosa si sta effettuando e come procedono le ricerche per trovare mio fratello».
Davide Massaro

– – – – –

Italiani scomparsi, fratello Barbiero vola a Caracas

www.altarimini.it

Partirà domani per Caracas Claudio Barbiero, 30 anni, uno dei fratelli di Massimo Barbiero, il cooperante italiano scomparso da lunedì scorso in Venezuela assieme all’amico Simone Montesso. L’uomo, con il quale viaggeranno due amici che conoscono la lingua spagnola, ha deciso di recarsi nella capitale venezuelana per poter seguire da vicino le ricerche in corso nella zona della montagna di Merida. Barbiero ha presentato stamane formale denuncia per la scomparsa del fratello. Stessa cosa – ha spiegato – è stata fatta dai familiari di Montesso. Un passaggio formale, ha aggiunto, che consentirà all’unità di crisi della Farnesina di attivarsi per arrivare all’identificazione del numero del telefono cellulare usato in Venezuela da Montesso, nella speranza che i segnali mandati dall’apparecchio possano essere captati. Non vi sono altre novità però nelle ricerche dei due italiani che lavorano per l’associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini. “Le perlustrazioni stanno proseguendo – ha detto Barbiero – ma sono ostacolate dal cattivo tempo, con pioggia e nebbia”.

– – – – –

Un silenzio carico d’ansia per il missionario di Fossò
(il Gazzettino di Venezia – pag. 10)

Passano le ore e il silenzio attorno alla sorte di Massimo Barbiero, il missionario laico di Fossò scomparso a Merida in Venezuela, si fa sempre più preoccupante. Inquietano le convinzioni di un prete della Comunità Giovanni XXIII, la stessa di Massimo Barbiero, che ha operato in Venezuela per trent’anni e che ieri si è recato alla Farnesina sospettando, considerata la sua esperienza, che si tratti di un rapimento. Merida si trova vicino al confine con la Colombia, terra di narcotrafficanti e di sequestri.
La comunità di Fossò, che in questi anni ha sostenuto anche economicamente le attività del giovane compaesano, in missione in Kenya per 10 anni, si è stretta attorno alla numerosa famiglia Barbiero. Il padre Sandro, medico di famiglia e dell’ospedale di Dolo, ha 7 figli, cinque maschi tra cui Massimo e due femmine. «Purtroppo non c’è alcuna novità stiamo pensando di partire per il Venezuela – spiega Diego, uno dei fratelli di Massimo – Tra noi e il Merida ci sono sei ore di fuso orario, così verso le 14.30 sapendo che lì sono le 8.30 chiamiamo per sapere se hanno avviato le ricerche e come, visto che non è così semplice operare in quella zona. Poi verso mezzanotte chiamiamo nuovamente nella casa famiglia “Angel de la Guarda”; a quell’ora, le 18 hanno interrotto le ricerche e magari possiamo avere qualche notizia, ma per ora nulla. Siamo in continuo contatto con il responsabile generale dell’associazione, Giovanni Paolo Ramonda. Sappiamo anche dell’ipotesi del rapimento del prete missionario in quella zona, ma potrebbe anche essere che Massimo e Simone non riescano a comunicare. Massimo, quando era in Kenya, ha passato oltre un mese con una tribù di Masai senza dare notizie di sè, ma ci aveva avvertito prima di questa esperienza e la Comunità era comunque in contatto con lui. Questa volta invece – sospira Diego Barbiero – è stata proprio la Comunità ad avvertirci che non aveva più notizie di lui e della telefonata subito interrotta di Simone, il volontario che era con Massimo». Mentre passano le ore e i giorni, le preoccupazioni per la sorte dei due giovani crescono sempre di più. «Non è escluso – afferma il fratello del missionario scomparso – che almeno uno di noi fratelli possa partire per il Venezuela».
Luisa Giantin

– – – – –

I fedeli di Fossò in preghiera
(il Gazzettino di Venezia – pag. 10)

Un fratello dello scomparso: «Siamo preoccupati ma fiduciosi»

FOSSÒ – «Siamo in apprensione per la sorte di Massimo ma siamo anche consapevoli della forza della fede e fiduciosi». Don Gimo, parroco di Fossò, ha ricordato il missionario scomparso da alcuni giorni in Venezuela a tutte le messe, con una preghiera ma anche durante l’omelia. Quel giovane che la comunità parrocchiale ha ammirato e sostenuto per la sua forza, la fede e la determinazione nel lasciare tutto per aiutare i più poveri del mondo andando a operare tra le baraccopoli di Soweto, vicino a Nairobi, in Kenya, ora è oggetto di molta apprensione e di preghiere.
Diego, uno dei quattro fratelli di Massimo, è assessore comunale a Fossò ma tutti i suoi famigliari sono impegnati nella comunità e conosciuti in paese. «Sapevo della sua scomparsa – ha dichiarato don Gimo ai fedeli di Fossò ieri durante l’omelia nelle messe del mattino – ma non volevo drammatizzare la cosa. Speravo si risolvesse tutto per il meglio, e invece il tempo passa. Siamo preoccupati per la situazione in cui potrebbe trovarsi Massimo e per la sua famiglia ma siamo anche consapevoli della fede e confidiamo in Dio nel trovare la forza del conforto e della speranza». (l.gia.)

– – – – –

Missionari spariti, ricerche difficili
(il Mattino di Padova – pag. 15)

Apprensione a Fossò e a Cittadella per il destino di Massimo Barbiero Setacciata anche ieri la montagna di Santa Rosa dove si sono perse le tracce dei due operatori laici

FOSSO’. Continuano a Merida in Venezuela le ricerche di Massimo Barbiero, il missionario laico trentasettenne di Fossò legato alla sezione di Cittadella dell’associazione Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, scomparso martedì 6 aprile in un’area di montagna di Santa Rosa de La Hechicera, assieme a Simone Montesso, 23 anni di Bolzano. Ieri sono partite due squadre da quindici uomini ciascuna che sono state inviate nella zona andina, a circa 1800 metri di altezza, dove si presume siano scoparsi i due uomini. Il parroco di Fossò, don Girolamo Maino, dopo la visita alla famiglia nella serata di sabato, ha invitato la comunità a stare vicino alla famiglia e a pregare per Massimo «affinché il Signore lo assista in questi momenti e possa essere ritrovato al più presto». Intanto, a distanza di sei giorni, la Protezione civile e le autorità venezuelane hanno puntato sui telefoni cellulari dei due giovani. Stanno infatti cercando di capire da che punto della catena andina sia partita la chiamata di mezzanotte, l’ultima, alla responsabile della casa-famiglia di Milla a Merida. Il missionario laico Massimo Barbiero, con 10 anni di esperienza negli slums di Nairobi in Kenya, e il giovane volontario Simone Contesso sono partiti dal campo della comunità, dove lavoravano con bambini abbandonati o diversamente abili, nella tarda mattinata di martedì 6 aprile per fare una breve camminata, dirigendosi verso il Parco nazionale Sierra de la Culata, un territorio confinante con la Colombia. I due sono stati sorpresi dal maltempo, che tutt’ora persiste e che non ha permesso agli elicotteri di alzarsi in volo per le ricerche, mentre erano in viaggio, privi di equipaggiamento per la montagna. L’ipotesi del rapimento non è esclusa visto che il territorio si trova vicino alla Colombia ma si punta principalmente sull’incidente a causa del cattivo tempo. Il console di Maracaibo, competente per zona, sta seguendo la vicenda e sta sollecitando le autorità del luogo a intensificare le ricerche che sono cominciate mercoledì mattina quando la signora Ines Meggiolaro, responsabile della casa-famiglia, non vedendoli tornare, ha lanciato l’allarme. Ricerche che, per il momento, non hanno portato a nessun esito. La Farnesina, con l’unità di crisi, fa sapere che ha attivato tutti i canali necessari per la ricerca degli scomparsi. «Siamo in costante contatto con la comunità Papa Giovanni XXIII – afferma il fratello di Massimo, Claudio – Non ci sono novità. Se le ricerche non portassero a nulla cercheremo di partire per andare sul posto e capire concretamente cosa si sta effettuando e come procedono le ricerche per trovare mio fratello».
Davide Massaro

~ ~ ~ ~ ~

Rassegna stampa di Domenica 11 Aprile 2010

Missionario scomparso
(il Gazzettino di Venezia – pag. 18)

Preoccupazione per le sorti del 37enne Massimo Barbiero sparito in Venezuela

Missionario laico di Fossò scomparso da martedì scorso in Venezuela dove operava da alcuni mesi in una casa famiglia. C’è preoccupazione tra la L’associazione comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi per i due giovani, Massimo Barbiero di 37 anni di Fossò missionario laico da oltre 10 anni e Simone Montesso, 23 anni di Bolzano volontario, scomparsi da Merida per lavorare nelle case-famiglia dell’associazione. I due erano usciti per una escursione verso le montagne ma non sono più tornati. Una telefonata alla casa famiglia in cui operavano, la comunicazione immediatamente interrotta e poi il silenzio. «Non sappiamo se si sono persi, se sono stati rapiti o se uno dei due è ferito e non possono comunicare. Non abbiano alcuna notizia» dichiara Diego Barbiero il fratello di Massimo. Dopo qualche giorno di silenzio e di apprensione, la comunità di Don Benzi ha diffuso ieri un comunicato proprio per sollecitare, attraverso gli organi di stampa, un intervento della Farnesina attraverso l’ambasciata italiana in Venezuela per avviare le ricerche dei due giovani. Massimo Barbiero è molto conosciuto a Fossò e in Riviera del Brenta, secondo di sette figli, cinque maschi e due femmine, è figlio di Alessandro Barbiero un medico dell’ospedale di Dolo. A 26 anni dopo la laurea in scienze forestali, «tanta teoria, pratica ben poca, più per far contento mio papà» racconta in un intervista. Poi il desiderio di aiutare gli altri, di farsi povero tra i poveri. A 26 anni lascia tutto e va, attraverso la Comunità di Don Benzi, a Soweto, in Kenia. Lì passa ben 10 anni della sua vita. Viveva era in una baraccopoli di Soweto alla periferia di Nairobi che contava circa 5000 persone, poveri tra i poveri, gente che ogni giorno raccattava rifiuti e chiedeva un pezzo di pane. Massimo seguiva i progetti di accoglienza di bambini e anziani. Mentre era lì la Comunità di don Benzi ha aperto una casa di accoglienza per anziani e un paio di asili nido. Con i soldi delle offerte della Comunità di Fossò è stato acquistato un piccolo appezzamento di terreno dove Barbiero e gli altri missionari hanno costruito alcune «case» (baracche in muratura) per accogliere i ragazzi di strada, bambini abbandonati o rimasti orfani che vivevano in strada. A gennaio la Comunità decide di trasferire Massimo in Venezuela a Merida per lavorare nella casa famiglia della Comunità. «Stava cominciando proprio ora ad imparare la lingua – racconta il fratello Diego – e aveva cominciato a girare in bicicletta per conoscere meglio il posto. A fargli da supporto era proprio Simone che pur essendo più giovane di lui e volontario era a Merida da più tempo e quindi cercava di introdurlo nella comunità del luogo». La famiglia, l’intera comunità parrocchiale di Fossò vive ora di ansia. L’ambasciata italiana in Venezuela è stata contattata e la famiglia ha parlato anche con il viceconsole ma per il momento non si sa nulla della sorte dei due giovani.
Luisa Giantin

– – – – –

«Ci eravamo fatti gli auguri a Pasqua»
(il Gazzettino di Venezia – pag. 18)

Il fratello Diego assessore a Fossò

«Lo abbiamo sentito al telefono a Pasqua, era tranquillo ci raccontava della sua esperienza, quasi all’inizio, in Venezuela». C’è preoccupazione in casa della famiglia di Alessandro Barbiero, il medico di Fossò papà di Massimo il missionario della Comunità Giovanni XXIII scomparso da martedì da Merida il paese del Venezuela dove viveva da gennaio per operare nelle case-famiglia dell’associazione. «Ormai sono 5 giorni che non abbiamo notizie – racconta il fratello Diego che è anche assessore nel Comune di Fossò – Rimaniamo attaccati al telefono in attesa di notizie e chiamiamo almeno tre volte al giorno in Venezuela ma più che aspettare non possiamo fare». La sensazione è quella di una famiglia unita che conosce la difficile vita di Massimo, per 10 anni vissuta tra le baraccopoli di Soweto in Kenya, ma fiduciosa e sorretta dalla fede. «Quando l’abbiamo sentito una settimana fa per gli auguri di Pasqua – ricorda il fratello Diego – era sereno, ci ha raccontato che stava prendendo confidenza con i bambini ospiti della casa famiglia, orfani o con gravi problemi in faglia. Stava imparando la lingua e aveva iniziato a muoversi in bicicletta per conoscere meglio la zona. Ci aveva parlato di Simone, il ragazzo di Bolzano, raccontando che lo stava aiutando a integrasi meglio tra i bambini e con la lingua visto che era in Venezuela da qualche mese più di lui. Aspettiamo – afferma Diego – non possiamo far altro, e speriamo che le ricerche si intensifichino». (L.Gia.)

– – – – –
«Mi aveva scritto una bella lettera»
(il Gazzettino di Venezia – pag. 18)

Il parroco don Gimo

La comunità parrocchiale di Fossò stretta attorno alla famiglia Barbiero e in apprensione per la sorte di Massimo dedica una preghiera particolare a tutte le messe di ieri e di oggi.
«Vogliamo essere vicini alla famiglia di Massimo con la preghiera e con l’affetto che intende esprimere tutta la comunità» spiega don Gimo, parroco di Fossò.
Il parroco già da qualche giorno era stato avvertito della possibile scomparsa del missionario di 37 anni dalla famiglia ma sperava che tutto si risolvesse in un paio di giorni si silenzio e invece…
«Massimo mi ha inviato una lettera un mese e mezzo fa circa – racconta don Gimo – e l’ho pubblicata nel giornalino parrocchiale.
Parlava della sua nuova esperienza in Venezuela e della vita in quella comunità.
Aveva cambiato radicalmente l’area, dopo 10 anni di Kenya era passato in Venezuela, passando dalle baraccopoli alla casa famiglia, ma era pronto a impegnarsi al massimo per quei bambini con gravi problemi».
Ieri e anche nelle messe di oggi la comunità parrocchiale ricorderà Massimo nelle preghiere sperando in una tempestiva soluzione del mistero avvolto nella scomparso dei due missionari. (L.Gia.)

– – – – –

Missionario sparito in Venezuela «Disperso in montagna o rapito»
(il Corriere del Veneto – pag. 5)

Giallo su Massimo Barbiero, di Fossò. Era con un volontario

VENEZIA — Lo cercano l’Interpol, la polizia e la Protezione civile di Merida, l’ambasciata di Caracas e il Consolato di Maracaibo. Da martedì scorso non si hanno più notizie di Massimo Barbiero, 36 anni di Fossò (Venezia), insieme a Simone Montesso, 23enne di Bolzano, scomparso sulle montagne di Santa Rosa de La Hechicera, a Merida, capitale dello Stato omonimo, in Venezuela. I due, rispettivamente missionario laico e volontario dell’Associazione Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, sono in Sudamerica per seguire i bambini orfani e con gravi disabilità delle zone popolari, ospitati dalla Comunità italiana in tre case-famiglia. Massimo e Simone abitano nella «Casa de las Misiones», in località Milla, nella provincia del Libertador, e il 6 aprile, alle 9.30, hanno deciso di andare a fare una passeggiata in montagna, unico passatempo che a Barbiero piace molto. Volevano raggiungere il Parque Nacional Sierra de la Culata, per poi rientrare verso le 16, ma di loro si sono perse le tracce. dopo ore di tentativi ho finalmente preso la linea, ma Simone ha fatto in tempo a dire solo “Pronto?”, poi la comunicazione si è interrotta. Non sono più riuscito a ricontattarli e tuttora i loro telefoni risultano irraggiungibili». Il responsabile della Protezione civile venezuelana, Noel Marquez, ha chiesto alla locale società di telecomunicazioni di rintracciare le coordinate del movimento del cellulare del bolzanino. Intanto continuano le ricerche: polizia e Protezione civile schierano dall’alba al tramonto 15 uomini, divisi in due squadre. Una ha già battuto il settore di Camino Seco, Santa Rosa e la Hechicera, l’altra la Quebrada del Diablo, senza risultati. Tra l’altro i due dispersi non hanno l’attrezzatura da montagna e non parlano castigliano fluente.
«Sono dispersi in un’area montuosa caratterizzata da una fitta vegetazione e negli ultimi giorni battuta da una pioggia torrenziale, che rende tutto più difficile — riflette Ramonda — ma non dimentichiamo che Merida è al confine con la Colombia, territorio in cui i rapimenti degli italiani sono frequenti. Ecco perchè noi e le famiglie di Massimo e Simone rivolgiamo un appello accorato affinchè le autorità venezuelane e quelle italiane si impegnino nei tempi più rapidi possibili per salvare in tempo Massimo e Simone, nella speranza che si siano solo persi. Sono stato a Merida venti giorni fa — chiude il responsabile della Papa Giovanni XXIII — e lì ho visto Massimo per l’ultima volta. Era soddisfatto della nuova missione, segue i bambini nel doposcuola, fa catechesi, porta l’eucarestia ai poveri. E’ un missionario esperto, la sua è una precisa scelta di vita, che svolge con serietà e passione». L’associazione opera in Venezuela da dieci anni, prima a Caracas e poi a Merida, e finora non era mai successo nulla ai volontari.

Il ritratto
Massimo Barbiero è approdato in Sudamerica in gennaio, dopo tre mesi di riposo trascorsi nella sua casa di Fossò, perchè reduce da dieci anni passati in una baraccopoli del Kenia, ad aiutare bambini e anziani. Secondo di sette fratelli e laureato in Scienze forestali a Padova, ha sempre avuto la vocazione di aiutare imeno fortunati. «Prima di finire gli studi ha cominciato a fare volontariato in zona — rivela il fratello Ruggero, 33 anni— poi ha conosciuto la comunità di don Benzi e ne è rimasto folgorato, soprattutto quando gli è stata proposta la missione in Africa. Non ci ha pensato due volte, è partito prima come volontario e poi come missionario laico (consacrato con una messa a Fossò dallo stesso don Benzi, ndr). Era entusiasta della sua opera, quando tornava in Italia non vedeva l’ora di ripartire. Mio fratello non ha paura di niente, è rimasto tre anni senza rientrare in famiglia, così ogni estate lo raggiungeva mio padre Alessandro, medico in pensione, che gli dava una mano. Anche i miei fratelli — prosegue Ruggero — Giulio, 37 anni, Diego, 34, e Claudio, 30, sono andati a trovarlo in Kenia. Il più giovane ci è stato l’anno scorso, con altri nove ragazzi della parrocchia di Fossò (che nel novembre 2009 ha organizzato una colletta per la baraccopoli africana, ndr). L’abbiamo sentito per l’ultima volta a Pasqua: stava bene, mi ha raccontato di una bella escursione in montagna e ci ha tranquillizzati. Era felice della sua nuova destinazione, in Kenya ormai era diventato responsabile della missione, perciò doveva occuparsi soprattutto della parte amministrativa, ma gli mancava il contatto con la gente. Così ha chiesto di cambiare».

L’attesa
Giovedì la famiglia è stata avvertita della sua scomparsa dall’associazione e ha subito chiamato Farnesina, Ambasciata e Consolato italiani in loco, «per mettere in moto la macchina delle ricerche». In ansia anche la mamma Giuseppina, le sorelle Alessia, 28 anni, e Luisa, 26. Preoccupato don Albino Bizzotto, fondatore dei «Beati i costruttori di Pace», con cui dal 1992 al ’94 Barbiero ha collaborato, partecipando pure a una marcia per la pace a Sarajevo. «Me lo ricordo bene— dice il sacerdote, presente alla sua consacrazione a missionario laico — arrivava la mattina nella nostra sede di Padova, da Fossò, in bici. E’ una persona straordinaria, dedita agli altri e dotata di grande coraggio». E infatti durante il periodo africano Massimo è stato due mesi nel deserto, a fare il maestro elementare nei villaggi dei pastori Masai, senza mai poter contattare i parenti.

Michela Nicolussi Moro

– – – – –

«Massimo sparito nella nebbia»
(il Gazzettino di Padova – pag. 4)

«Erano andati in montagna. Un’escursione di poche ore. Poi si è alzata la nebbia. Poi è arrivata la pioggia. Spariti. Il tempo resta brutto, il cielo è coperto, impossibile cercarli con gli elicotteri».
Ore di attesa e di angoscia per la famiglia del missionario Massimo Barbiero, 37 anni, originario di Fossò, nel Veneziano, laico consacrato dell’associazione Papa Giovanni XXIII, vocazione maturata nella comunità di Padova, sparito da Merida, nel Venezuela, martedì scorso insieme al volontario Simone Montesso, 23 anni, di Bolzano.
A parlare è uno dei suoi sei fratelli, Claudio: «Ci eravamo sentiti al telefono per Pasqua. Era tranquillo. Stava bene. Ama camminare in montagna, ama il verde e la vita all’aria aperta e, pur essendo arrivato nella missione in Venezuela da qualche mese, aveva già effettuato diversi percorsi ad alta quota. Non è una guida alpina, ma se la sa cavare e ormai conosce la zona. Quando ci hanno avvertito della sua scomparsa abbiamo pensato a un incidente. Martedì si era alzata la nebbia, poi è iniziato a piovere. Sì, un incidente. Sì, anche l’impossibilità di rientare con quel dannato tempo. Ma con il passare delle ore si è fatta largo l’ipotesi del rapimento. Merida si trova al confine con la Colombia. Già altre volte bande di narcotrafficanti hanno sequestrato gli stranieri nella boscaglia. E poi, se si è trattato di un incidente, almeno uno dei due avrebbe potuto dare l’allarme».
Ad avere il cellulare solo Simone Montesso. Martedì, a mezzanotte, la responsabile della comunità di Merida gli ha telefonato. Simone ha risposto, solo una parola, pronto, ed è caduta la linea. Da quel momento nessun contatto, il telefono del volontario risulta spento.
«Massimo non si sentiva in pericolo – continua Claudio-. Del resto non ci ha mai confidato niente, nè rischi concreti, nè preoccupazioni per la sua missione. Era sereno. Ma dalle mail che ci inviava, capivamo che il Kenya gli mancava. Era stato dieci anni nelle baraccopoli. Preferiva la povertà dell’Africa alle tensioni delle città del Venezuela. Ecco, ci aveva parlato delle manifestazioni degli studenti e degli scontri con la polizia. Ma di droga, di bande criminali e rapimenti, mai. Nella sua casa famiglia si trovava bene. E poi era a contatto con la natura. Poteva camminare in montagna, sua passione. La polizia locale e la protezione civile si sono attivati subito dopo l’allarme. Ma il maltempo ostacola le ricerche. Impossibile fare alzare gli elicotteri. Simone e Massimo non erano equipaggiati per restare a lungo in montagna. Forse avevano uno zainetto con l’indispensabile, nulla di più. Sarebbero dovuti rientrare poco ore più tardi, nel pomeriggio. Noi siamo costantemente in contatto con la Farnesina e l’ambasciata italiana. Aspettiamo».

– – – – –

Missionario padovano scomparso in Venezuela
(il Mattino di Padova – pag. 11)

Massimo Barbiero, 37 anni, non dà più notizie di sè dal 6 aprile. L’ansia dei familiari ALLARME Il giovane assieme al collega Simone Montesso è stato sorpreso dal maltempo in montagna

PADOVA. Massimo Barbiero, 37 anni, nato a Fossò ma padovano d’adozione, missionario laico dell’associazione Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, è scomparso martedì 6 aprile in un’area di montagna di Santa Rosa de La Hechicera, a Merida in Venezuela, assieme a Simone Montesso, 23 anni di Bolzano. Dei due uomini non si hanno più notizie dalla mezzanotte di martedì quando dal cellulare del ventitreenne è partita una chiamata verso la responsabile della Comunità di Milla a Merida, dove i due operano, interrotta bruscamente senza comunicazione. I loro telefoni cellulari risultano irraggiungibili. I due erano partiti dalla casa-famiglia, dove lavoravano con bambini abbandonati o diversamente abili, nella tarda mattinata di martedì per fare una breve camminata nell’area andina adiacente a Merida e dirigersi al Parco nazionale Sierra de la Culata, in un territorio confinante con la Colombia. La giornata di sole, ben presto, si è trasformata in una pioggia torrenziale che ha sorpreso Massimo, missionario laico, e Simone, volontario dell’associazione, mentre erano in viaggio privi di equipaggiamento per la montagna.
La signora Ines, responsabile della casa famiglia, mercoledì mattina, non vedendoli tornare, ha lanciato l’allarme. Sono così partite le ricerche da parte della Protezione civile e delle autorità locali che, per il momento, non hanno portato a nessun esito anche perché gli elicotteri non hanno potuto alzarsi in volo a causa delle cattive condizioni climatiche che tutt’ora persistono. Le ricerche proseguono a terra anche se in giornata è spuntata l’ipotesi, oltre a quella dell’incidente, del rapimento.
Massimo Barbiero era giunto a Merida il 18 gennaio dopo aver trascorso dieci anni negli slums di Nairobi in Kenya. Dopo il conseguimento della laurea il giovane aveva deciso di donarsi agli altri ed era partito per la casa famiglia della comunità di Benzi a Soweto per aiutare i bambini di strada e soccorrere i più bisognosi. A dicembre era tornato a Fossò per passare il Natale con la famiglia e a gennaio, dopo il compleanno del fratello minore Claudio, era ripartito per una nuova esperienza in Venzuela. La famiglia è venuta a conoscenza della scomparsa solo nella giornata di giovedì quando l’associazione, prima, e la Farnesina poi li hanno contattati. «Speriamo non sia successo nulla. Le notizie sono contrastanti e cambiano ogni ora. Aspettiamo gli esiti delle ricerche anche se per il momento, a causa del brutto tempo, gli elicotteri non si sono potuti alzare in volo. Oggi è spuntata l’ipotesi del rapimento ma, se così fosse, i malviventi si faranno vivi solo quando le acque si saranno calmate. O almeno così ci dicono», sospira il fratello Claudio. «Sono spariti nel nulla e questo è molto strano. Massimo ci avrebbe avvisato se stava via qualche giorno. Ora stiamo pensando di partire e andare lì per capire cosa stanno facendo e come procedono le ricerche. Vogliamo almeno avere il polso della situazione perché le notizie che ci arrivano sono molteplici. Speriamo che nelle prossime ore ci siano dei risvolti positivi».
Anche il presidente della comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda, esprime tutta la sua preoccupazione e solidarietà nei confronti della famiglia Barbiero. «Siamo vicini alle famiglie di Massimo e Simone – afferma – Le ricerche stanno proseguendo. Si esclude, per il momento, il rapimento. Speriamo solo che si siano persi a causa del maltempo che imperversa da martedì».
Davide Massaro

– – – – –

Secondo di sei fratelli e un paese che lo sostiene
(il Mattino di Padova – pag. 11)

Laureato in Scienze Forestali, alle spalle un soggiorno in Kenya

FOSSO’. Massimo Barbiero, 37enne residente in via Fogarine 59 a Fossò, è il secondogenito della numerosa famiglia Barbiero. Figlio del medico Sandro e di mamma Giuseppina, Massimo ha sei fratelli, Giulio, Diego (assessore al bilancio del Comune di Fossò), Ruggero, Claudio, Alessia e Luisa. Il giovane dopo la laurea in Scienze Forestali, conseguita presso l’Università di Padova, ha deciso di aggregarsi alla comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi. Nel 1999 è partito per la baraccopoli di 50.000 abitanti di Soweto in Kenya dove, per 10 anni, ha operato a contatto con le violenze, la paura e i cronici problemi della fame, della povertà e delle malattie, donandosi completamente ai più poveri. In paese tutti conoscono Massimo, un uomo alto, magro, dalla barba folta e dagli occhi azzurri sempre attenti ai più poveri. Un ragazzo umile che ha mosso più volte il cuore e la solidarietà della comunità di Fossò: diversi eventi benefici sono stati promossi per raccogliere fondi da donare a Massimo perché attraverso il suo operato potessero giungere ai più poveri e bisognosi.
d. m.

– – – – –

«Un innamorato di Gesù ha chiesto lui di partire»
(il Mattino di Padova – pag. 11)

Lo scomparso fa parte della comunità di Cittadella

CITTADELLA. Erano a Merida, in Venezuela, a lavorare in una casa famiglia della loro associazione, la Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Massimo Barbiero faceva parte della comunità di Cittadella. Era arrivato nel comune dell’Alta in sella alla sua bicicletta alcuni anni fa. «Era partito dal suo paese, Fossò, pedalando fino a Cittadella – racconta Paolo Tonelotto, animatore della comunità di Cittadella -. Voleva partire per la missione. Si vedeva che era un innamorato di Gesù. Veniva dal veneziano, da una famiglia numerosa, molto conosciuta. Il papà è medico. Massimo mi aveva espresso il desiderio di incontrare Gesù condividendo la vita degli utlimi. Poi ha chiesto a don Oreste Benzi di partire per la missione, ma prima, nella comunità di Cittadella, ha preso i voti di povertà, castità e obbedienza. E la comunità ha scelto di partire con lui per il Kenya. Io l’ho accompagnato, siamo stati insieme un paio di giorni. Da lì ha iniziato la sua vita di condivisione coi poveri. È stato responsabile di zona in Kenya per molti anni. Massimo è un esempio della condivisione diretta; se una persona voleva cercare la radicalità della nostra missione doveva andare con lui».
Silvia Bergamin

– – – – –

Italiani scomparsi in Venezuela
(il Gazzettino – pag. 9)

IL GIALLO Si teme un incidente in una zona impervia ma non viene esclusa l’ipotesi del rapimento Un missionario veneziano e un bolzanino introvabili da martedì. Erano partiti per un’escursione

PADOVA – Scomparsi nella nebbia sui monti del Venezuela. Da martedì non si hanno più notizie del missionario Massimo Barbiero, 37 anni, originario di Fossò, laico consacrato dell’associazione Papa Giovanni XXIII, di cui aveva a lungo frequentato la comunità padovana, e del volontario Simone Montesso, 23 anni, di Bolzano. Entrambi si trovavano a Merida, nella casa famiglia “Angel de la Guarda”, per occuparsi dei bambini abbandonati. Martedì alle nove, zaino in spalla, escono per un’escursione sulle montagne. Solo qualche ora sui sentieri, ritorno previsto nel pomeriggio, alle 17. Ma a mezzanotte, non vedendoli rientrare, la responsabile della comunità li cerca, chiama al cellulare Simone, unico ad avere con sè il telefono. Simone risponde, una parola sola “pronto”, poi la linea si interrompe. Ed è l’unico contatto, il telefono è da allora staccato.
Si teme che siano rimasti vittima di un incidente o che si siano persi in un’area considerata impervia. Inoltre, martedì si era alzata una nebbia fittissima, per lasciare posto alla pioggia incessante. Ma non si esclude la pista del rapimento. Merida si trova non distante dal confine con la Colombia e la zona è già stata teatro di sequestri di stranieri da parte di bande di narcotrafficanti. Eppure i membri della comunità Papa Giovanni XXIII, a Merida, dicono di non avere mai subìto alcun tipo di violenza. Lo ricorda il responsabile generale dell’associazione, Giovanni Paolo Ramonda: «In quella casa famiglia, fondata cinque anni fa, vivono sette persone, e non è mai accaduto nulla di grave. Massimo si prende cura dei bambini, è animatore nei quartieri più poveri della città. Ma mai nessuna tensione, mai nessun rischio».
Il maltempo, martedì, può averli messi in serie difficoltà. Visibilità ridotta per la nebbia, e poi la pioggia, così violenta da provocare un black out. Un solo telefono, inoltre, probabilmente ormai scarico. In campo ora la polizia locale e la protezione civile. Le condizioni meteo però rendono impossibile l’invio di elicotteri, che potrebbero aiutare nelle ricerche.
Massimo Barbiero era arrivato in Venezuela alcuni mesi fa. Era stato responsabile delle missioni in Kenya per dieci anni, vivendo nelle baraccopoli. Era contento del nuovo incarico, ma, come ricorda uno dei suoi sei fratelli, Claudio, gli mancava la povertà dell’Africa; e certo la preferiva alle tensioni delle città venezuelane. Lo aveva scritto in una mail ai genitori, prima di Pasqua. Amava il verde e vivere all’aria aperta. Martedì esce insieme a Simone per una lunga passeggiata in una zona che conosceva. Un arrivederci agli altri, poi il silenzio.

PROPOSTE

LIBRO "Fossò: Sui sentieri della memoria". In Chiesa o Canonica al prezzo di 10 €

STATISTICHE

  • 281.720 VISITE